Rime varie/A Stanza della Barbera
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Amor, i’ sento l’alma
arder nel foco, ov’io
lieta arsi e più che mai d’arder desìo.
S’ tu mi raccendi il core,
ed io ne son contenta5
e ritorno umilmente al giogo antico;
opra1 che ’l mio signore
parte del foco senta
ov’io tutto ardo è mie’ pensier nutrico;
fa che ponga in oblio10
mia fuga, e dilli il mio nuovo desìo.
Se col tuo valor santo
far puoi, Amor, che sempre
a lui vivuta paia in questo foco,
io sarò lieta tanto,15
che in le più crude tempre2
il viver mi fie gioia e ’l morir gioco;
e sempre il canto mio
lui chiamerà signor e te mio Dio.
Note
- "A istanza della Barbara": Barbara Salutati, la cantante amata dal Machiavelli negli ultimi della sua vita. Il componimento secondo alcuni è databile fra il 1524 e il 1525; ma forse è da posticipare alla fine del 1526, quando si riannoda il rapporto fra Machiavelli e la Barbara Salutati Raffacani tornata a Firenze.
«Questa Riccia è la donna che torna più a lungo nelle lettere del Machiavelli e al Machiavelli. Ne’ suoi viaggi egli non doveva mancare d’informarsi dove si potesse passare qualche ora gradevolmente. Di Francia l’Acciaioli gli ricordava la Janna. Ma i nomi più insistenti di donne sono di fiorentine; fra le quali è da mettere la Bárbera, una canterina con cui — scriveva al Guicciardini — aveva cenato alcune sere in compagnia di Lodovico Alamanni. S’era parlato della sua commedia La Mandragola, che il Guicciardini voleva far rappresentare, a Faenza o a Bologna; e la Bárbera s’era offerta di andare co’ suoi cantori a fare il coro fra gli atti: il Machiavelli avrebbe preparato le canzonette e l’Alamanni procacciato a lei e ai compagni l’alloggiamento in casa i Buosi. La donna — gli riscriveva più tardi — aveva degli innamorati che potevano tentar d’impedire la venuta, ma egli sperava di poterla condurre: intanto cinque canzoni nuove erano state scritte e musicate, di cui gli mandava le parole. «La musica o noi tutti o io solo ve la porteremo». Due mesi dopo il Guicciardini era a Roma e la Bárbera anche, e il Machiavelli lo pregava: «Dove voi gli possiate far piacere, io ve la raccomando, perché la mi dà molto più da pensare che l’imperatore». Della commedia non più parola. L’aveva raccomandata anche Filippo Strozzi, il quale non aveva molte speranze che si trovasse chi si dilettasse tanto di musica da farle stabilire «una provvisione ferma», come pure s’era accennato da qualcuno, e prevedeva perciò che presto sarebbe tornata a Firenze. Alcuni mesi dopo, nell’agosto del 1526, al campo della Lega, messer Niccolò era inquieto del silenzio della donna e ne aveva scritto a Jacopo di Filippo, fornaciaio, che gli rispondeva: «Anchora per detta (per la lettera del Machiavelli) intendo chome la Barbera no’ v’à mai ischritto e ch’aresti disiderio intendere chome istà. Di che, subito ebi la vostra, andai a trovare detta Barbera; e di già v’aveva ischritto, e chredo l’abiate auta: e no’ potei fare che io no’ li dicessi una charta di vilanìa; i’ modo me rispose che si maravigliava di me, e che non aveva uomo che la istimasi più e che più la potesi chomandare; ma bene che la vi faceva qualche bischencha, per vedere se voi le volete bene. E arebe disiderio voi fusi più presto a Firenze, perché gli pare, quando voi ci siete, dormir co’ gli occi vostri. Ora voi la chonoscete megio di me: non so se s’è da chredergli ongni cosa». Ad ogni modo era vero che era stata via da Firenze; e ora ella prometteva di scrivere ogni settimana e lo pregava di non essere stizzito con lei.»
Così scrive Ettore Janni in Machiavelli, Dall’Oglio, Milano 1927.