Che fate, donne, che non soccorrete

Riccardo degli Albizzi

XIV secolo Indice:Le Rime di Cino da Pistoia.djvu canzoni Letteratura Che fate, donne, che non soccorrete Intestazione 1 settembre 2021 100% Da definire

Questo testo fa parte della raccolta Rime scelte di poeti del secolo XIV


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     Che fate, donne, che non soccorrete
A confortare il pianto di costei,
Da poi che in vêr di lei
Morte nemica tanto s’è mostrata?
5Con fera crudeltate
Ell’ha tirata a sè nella sua rete
La sua più cara speme e più fidata,
E così l’ha lasciata
Ignuda; onde non fina dire — Omei! —
10Pel duolo ch’ella pate
Batte sue gote adorne di beltate
Colle sue man, piangendo,
Dolcemente dicendo
— O morte cruda, di mio mal cagione,
15Perchè sanza ragione
M’hai tolto quella ch’era mia colonna,
Cortese e savia più che altra donna?
     Tu m’ha’ tolto colei per cui era
Gradita più che per madre altra figlia,
20Onde le tue artiglia
Par ch’aggian non pur lei ma me passato;
Il cor tal doglia sente.
Ben se’ più cruda che null’altra e fera.
Ad aver tale amore scompagnato
25E bene addimostrato
A lei e a me quanto bene scompiglia
Tuo colpo e tuo pavento.
E poi che ne conviene esser contento,

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Come che tu ci volga,
30I’ ti prego che tolga
A me la vita, sì che lo mio core
Non senta tal dolore:
Chè, poi ch’è morta lei, megli’ è morire
Che viver trista e sempre mai languire. —
35     Cota’ parole nel suo pianto nota
Quella donna gentil di cui io scrivo,
Per la quale io ragiono
Tener nel mondo la serena vita
Contenta al suo volere.
40Però qual con virtù guida sua rota
Di voi, donne gentil, chi non l’aita?
Sicchè non fia partita
Sua gran beltate per vostro abbandono
Dal sommo e bel piacere.
45Gite per confortar il suo dolere
Colle dolci parole,
Sicchè il martìr che dole
Non vada consumando tanto bene.
Oimè! chè non s’avviene,
50Siccome a voi, a me a consolarla,
Chè volentier girei ratto aitarla?
     I suoi begli occhi che parìen duo stelle
Son per lo pianger tutti invetrïati;
Che solean più ornati
55Esser di luce, che il possente raggio
Ministro di natura.
Le gote, che solean vermiglie e belle
Mostrarsi e non avere alcun paraggio,
Han ricevuto oltraggio
60Dalle sue palme; e’ color son mutati
In livida pintura.
..........
Però da ciascun lato
Vi piaccia aoperar che si conforti
65E che tal doglia dolcemente porti.
     Poi piglia colle man la treccia bionda
E spande per le mani i suo’ capelli,
E i crin che son sì belli

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Sì tira fuor del capo; e con gran lutto
70Parla soavemente
— Perchè rubato m’hai da ogni sponda
La mia speranza ed hai il cor distrutto?
Sicchè tu hai del tutto,
O falsa morte, co’ tuoi colpi felli
75Dinudata la mente
D’ogni diletto, e me lasci dolente
Accompagnata di duri sospiri,
E di cotai martìri
Ristori sì gran danno com’io porto.
80Ma poi che t’è accorto
E conceduto dalla gran potenza,
Conviemmel comportar con sofferenza. —
     I’ non saprei, canzon, darti dottrina
Di far di tal tristizia il portamento;
85Che a tuo grave lamento
Convien pur dimostrar come tu sia
D’ogni dolor trafitta.
Però a capo chin tosto cammina
Piangendo su per la diritta via;
90E fa’ che tu non stia
Fin che tu trovi quella ch’è in tormento
Sua luce a pianger fitta.
E come giugni, ginocchion ti gitta,
E dirai sospirando:
95— Madonna, lagrimando,
Il vostro servo m’ha qui a voi mandata
Con cotale ambasciata:
Che per amor di lui vi confortiate,
Sicché non perda il viso sua beltate. —

(Dal vol. II delle Poesie italiane inedite, ecc., per F. Trucchi.)