451. Meste, oscure contrade ove si gira

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451. Meste, oscure contrade ove si gira
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[451.] 64.


[Mr-Flc1.]


Ad istanza di G. B. Cerasola gentiluomo bergamasco.



Meste, oscure contrade ove si gira
     Bella donna a celeste almo splendore,
     Che per indegno obbietto il freddo core
     4Giammai foco non sente e non sospira,
Ov’è sparita? O dove e chi rimira
     Non s’accorgendo del fuggir de l’ore?
     Dove insieme con lei s’asconde Amore
     8E per lo sdegno suo meco s’adira?
Forse, sí come in ciel benigna stella
     Turbarsi in vista e i raggi asconder sôle
     11A l’apparir del piú maligno aspetto,
Fugge ella o mia fortuna o mio difetto:
     Ma si rivolga a voi ridente e bella
     14E sia pur nova Clizia al vostro sole.


Ho citato il sonetto nella mia Vita di T. Tasso, i, p. 673 n.; forse è questi il medesimo G. B. Cerasola cameriere di Gregorio XIV, al quale il Tasso indirizzò due delle Lettere, ii, ni 1324 e 1347.