Tu ne dirai e farai tante e tante,
lingua fracida, marcia, senza sale,
che al fin si troverà pur un pugnale 4meglior di quel d’Achille e più calzante.
Il papa è papa e tu sei un furfante,
nodrito del pan d’altri e del dir male;
hai un pie’ in bordello e l’altro in ospitale, 8storpiataccio, ignorante e arrogante.
Giovan Mateo e gli altri che gli ha appresso,
che per grazia de Dio son vivi e sani, 11ti metteran ancor un dì in un cesso.
Boia, scorgi i costumi tuoi ruffiani
e se pur vòi cianciar, di’ di te stesso: 14guàrdati il petto, la testa e le mani.
Ma tu fai come i cani,
che, dà pur lor mazzate se tu sai, 17come l’han scosse, son più bei che mai.
Vergognati oramai,
prosontuoso, porco, mostro infame, 20idol del vituperio e della fame,
ché un monte di letame
t’aspetta, manegoldo, sprimacciato, 23perché tu moia a tue sorelle allato;
quelle due, sciagurato,
c’hai nel bordel d’Arezzo a grand’onore, 26a gambettar: "Che fa lo mio amore?"
Di quelle, traditore,
dovevi far le frottole e novelle 29e non del Sanga che non ha sorelle.
Queste saranno quelle
che mal vivendo ti faran le spese, 32e ’l lor, non quel di Mantova, marchese;
ch’ormai ogni paese
hai amorbato, ogni omo, ogni animale: 35il ciel, Iddio, il diavol ti vol male.
Quelle veste ducale,
o ducali, acattate e furfantate, 38che ti piangon in dosso sventurate,
a suon di bastonate
ti seran tolte, avanti che tu moia, 41dal reverendo padre messer boia;
che l’anima di noia
mediante un bel capestro caveratti 44e per maggior favor poi squarteratti;
e quei tuoi leccapiatti
bardassonacci, paggi da taverna, 47ti canteran il requiem eterna.
Or vivi e ti governa;
ben che un pugnale, un cesso, o ver un nodo 50ti faranno star queto in ogni modo.