Rime (Berni)/XXXII. Contra Pietro Aretino

XXXII. Contra Pietro Aretino

../XXXI. Sonetto alla sua donna ../XXXIII. Sonetto al Signor d'Arimini IncludiIntestazione 19 settembre 2008 75% letteratura

Francesco Berni - Rime (XVI secolo)
XXXII. Contra Pietro Aretino
XXXI. Sonetto alla sua donna XXXIII. Sonetto al Signor d'Arimini


Tu ne dirai e farai tante e tante,
lingua fracida, marcia, senza sale,
che al fin si troverà pur un pugnale
4meglior di quel d’Achille e più calzante.
  
Il papa è papa e tu sei un furfante,
nodrito del pan d’altri e del dir male;
hai un pie’ in bordello e l’altro in ospitale,
8storpiataccio, ignorante e arrogante.
  
Giovan Mateo e gli altri che gli ha appresso,
che per grazia de Dio son vivi e sani,
11ti metteran ancor un dì in un cesso.
  
Boia, scorgi i costumi tuoi ruffiani
e se pur vòi cianciar, di’ di te stesso:
14guàrdati il petto, la testa e le mani.

                Ma tu fai come i cani,
che, dà pur lor mazzate se tu sai,
17come l’han scosse, son più bei che mai.

                Vergognati oramai,
prosontuoso, porco, mostro infame,
20idol del vituperio e della fame,

                ché un monte di letame
t’aspetta, manegoldo, sprimacciato,
23perché tu moia a tue sorelle allato;

                quelle due, sciagurato,
c’hai nel bordel d’Arezzo a grand’onore,
26a gambettar: "Che fa lo mio amore?"

                Di quelle, traditore,
dovevi far le frottole e novelle
29e non del Sanga che non ha sorelle.

                Queste saranno quelle
che mal vivendo ti faran le spese,
32e ’l lor, non quel di Mantova, marchese;

                ch’ormai ogni paese
hai amorbato, ogni omo, ogni animale:
35il ciel, Iddio, il diavol ti vol male.

                Quelle veste ducale,
o ducali, acattate e furfantate,
38che ti piangon in dosso sventurate,

                a suon di bastonate
ti seran tolte, avanti che tu moia,
41dal reverendo padre messer boia;

                che l’anima di noia
mediante un bel capestro caveratti
44e per maggior favor poi squarteratti;

                e quei tuoi leccapiatti
bardassonacci, paggi da taverna,
47ti canteran il requiem eterna.

                Or vivi e ti governa;
ben che un pugnale, un cesso, o ver un nodo
50ti faranno star queto in ogni modo.