Rime (Berni)/XXVI. Sonetto sopra la mula dell'Alcionio

XXVI. Sonetto sopra la mula dell'Alcionio

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Francesco Berni - Rime (XVI secolo)
XXVI. Sonetto sopra la mula dell'Alcionio
XXV. Alla Marchesa di Pescara XXVII. Prefazione al commento del Capitolo della primiera


Quella mula sbiadata, damaschina,
vestita d’alto e basso ricamato,
che l’Alcionio, poeta laureato,
4ebbe in commenda a vita masculina;
  
che gli scusa cavallo e concubina,
sì bene altrui la lingua dà per lato,
e rifarebbe ogni letto sfoggiato,
8tanta lana si trova in su la schina;
  
et ha un par di natiche sì strette
e sì bene spianate che la pare
11stata nel torchio come le berrette;
  
quella che per soperchio digiunare
tra l’anime celesti benedette
14com’un corpo dïafano traspare;

                per grazia singulare,
al suo padron, il dì di Befanìa,
17annunzïò il malan che Dio gli dia,

                e disse che saria
vestito tutto quanto un dì da state,
20id est arebbe delle bastonate,

                da non so che brigate,
che, per guarirlo del maligno bene,
23gli volean far un impiastro alle rene.

                Ma il matto da catene,
pensando al paracimeno duale,
26non intese il pronostico fatale;

                e per modo un corniale
misurò et un sorbo et un querciuolo,
29che parve stat’un anno al legnaiuolo.

                A me n’incresce solo
che se Pierin Carnasecchi l’intende,
32no ’l terrà come prima uom da facende;

                e faransi leggende
ch’a dì tanti di maggio l’Alcïonio
35fu bastonato come santo Antonio.

                Io gli son testimonio:
se da qui inanzi non muta natura,
38e’ non gli sarà fatto più paura.