Rime (Berni)/VIII. Capitolo dell'anguille

VIII. Capitolo dell'anguille

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Francesco Berni - Rime (XVI secolo)
VIII. Capitolo dell'anguille
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S’io avessi le lingue a mille a mille
e fussi tutto bocca, labra e denti,
3io non direi le laudi dell’anguille;

non le direbbon tutti i miei parenti,
che son, che sono stati e che saranno,
6dico i futuri, i passati e’ presenti;

quei che son oggi vivi non le sanno,
quei che son morti non l’hanno sapute,
9quei c’hanno a esser non le saperanno.

L’anguille non son troppo conosciute
e sarebbon chiamate un nuovo pesce
12da un che più non l’avesse vedute.

Vivace bestia che nell’acqua cresce
e vive in terra e in acqua, e in acqua e in terra,
15entra a sua posta ove la vòle et esce,

potrebbesi chiamarla Vinciguerra,
ch’ella sguizza per forza e passa via
18quant’un più con la man la stringe e serra.

Chi s’intendesse di geometria
vedrebbe ch’all’anguilla corrisponde
21la più capace figura che sia.

Tutte le cose che son lunghe e tonde
hanno in se stesse più perfezïone,
24che quelle ove altra forma si nasconde.

Èccene in pronto la dimostrazione,
ché ’ buchi tondi e le cerchia e l’anella
27son per le cose di questa ragione.

L’anguilla è tutta buona e tutta bella,
e se non dispiacesse alla brigata,
30potria chiamarsi buona robba anch’ella,

ché l’è morbida e bianca e delicata,
et anche non è punto dispettosa:
33sentesi al tasto quando l’è trovata.

Sta nella mota il più del tempo ascosa,
onde credon alcun ch’ella si pasca
36e non esca così per ogni cosa,

com’esce il barbo e com’esce la lasca
et escon bene spesso anch’i ranocchi
39e gli altri pesci c’hanno della frasca.

Questo è perché l’è savia et apre gli occhi,
ha gravità di capo e di cervello,
42sa far i fatti suoi me’ che gli sciocchi.

Credo che se l’anguilla fusse uccello
e mantenesse questa condizione,
45sarebbe proprio una fatica avéllo,

perché la fugge la conversazione
e pur con gli altri pesci non s’impaccia,
48sta solitaria e tien riputazione.

Pur poi che ’l capo a qualch’una si stiaccia
fra tanti affanni, Dio le benedica
51et a loro et a noi bon pro ci faccia.

Sia benedetto ciò che le nutrica:
fiumi, fossati, fonti, pozzi e laghi,
54e chiunque dura a pigliarle fatica.

E tutti quei che son del pescar vaghi
Dio gli mantenga sempre mai gagliardi
57e per me del lor merito gli paghi.

Benedetto sia tu, Matteo Lombardi,
che pigli queste anguille e da’le a noi;
60Cristo ti leghi e sant’Anton ti guardi,

che guarda i porci e le pecore e’ buoi;
dìeti senza principio e senza fine
63ch’abbi da lavorar quanto tu vuoi;

e tiri a sé tre delle tue bambine,
o veramente faccia lor la dota,
66et or l’allievi che le son piccine;

i pegni dalla corte ti riscuota,
disoblighiti i tuoi mallevadori
69e caviti del fango e della mota,

acciò che tu attenda a’ tuoi lavori
e non senta mai più doglie né pene;
72paghiti i birri, accordi i creditori

e facciati in effetto un uom da bene.