Rime (Berni)/LXI. Sonetto in descrizion dell'Arcivescovo di Firenze

LXI. Sonetto in descrizion dell'Arcivescovo di Firenze [Andrea Buondelmonti]

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Francesco Berni - Rime (XVI secolo)
LXI. Sonetto in descrizion dell'Arcivescovo di Firenze [Andrea Buondelmonti]
LX. Capitolo a Messer Baccio Cavalcanti sopra la gita di Nizza LXII. Sonetto delle brache


Chi vuol veder quantunque pò natura
in far una fantastica befana,
un’ombra, un sogno, una febbre quartana,
4un model secco di qualche figura,
  
anzi pur il model della paura,
una lanterna viva in forma umana,
una mummia appiccata a tramontana,
8legga per cortesia questa scrittura.
  
A questo modo è fatto un cristïano
che non è contadin né cittadino
11e non sa s’e’ sia in poggio o s’e’ sia in piano.
  
Credo che sia nepote de Longino;
come gli è visto fuor, rincara il grano,
14alla più trista, ogni volta un carlino.

                Ha in dosso un gonnellino
di tela ricamata da magnani,
17a toppe e spranghe messe co i trapàni.

                Per amor de’ tafani
porta a traverso al collo uno straccale
20quadro, come da vescovo un grembiale,

                et un certo cotale
di romagnolo, allacciato alle schiene
23con una stringa rossa che lo tiene.

                Ma quanto calza bene
una brachetta accattata a pigione,
26che par a punto un naso di montone!

                Non faria la ragione
di quante stringhe al giorno ha il suo muletto,
29un abachista, in cento anni, perfetto.

                Nemico del confetto
e de gli arrosti e della peverada,
32come de’ birri un assassin di strada,

                è oppenïon ch’e’ vada
del corpo l’anno quattro tratti soli
35e faccia paternostri e fusaioli.

                Fugge da’ ceraioli,
acciò che non lo vendan per un boto,
38tant’è sottil, leggieri, giallo e vòto.

                Comunque il Buonarroto
dipinge la quaresima e la fame,
41dicon che vuol ritrar questo carcame;

                con un cappel di stame,
che porta dì e notte come i bravi,
44e dieci mazzi a cintola di chiavi,

                che venticinque schiavi
co i ferri a’ pie’ non fan tanto romore
47e trenta sagristani et un priore.

                Va per ambasciatore
ogn’anno dell’aringhe a mezzo maggio,
50contra a’ capretti, a l’ova et al formaggio,

                e perch’è gran vïaggio,
ha sempre sotto il braccio un mezzo pane
53che ha un giubbon di sette sorti lane:

                quel rode come un cane,
poi giù pel gorgozzuol gli dà la spinta
56con tre o quattro sorsi d’acqua tinta.

                Or eccovi dipinta
una figura arabica, un’arpia,
59un om fuggito dalla notomia.