Resoconto della consegna dei risultati del plebiscito del 1866 a Vittorio Emanuele II

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Regno d'Italia 5 novembre 1866 Storia Resoconto della consegna dei risultati del plebiscito del 1866 a Vittorio Emanuele II Intestazione 18 ottobre 2016 50% Da definire

S. M. il Re ha ricevuto ieri nella Sala del Trono del Palazzo Reale in Torino la Deputazione dei Podestà delle nove città capiluogo di provincia della Venezia e di Mantova, venuti a fargli omaggio del risultato del Plebiscito, col quale le popolazioni delle provincie suddette hanno dichiarato la unione di esse al Regno d'Italia colla Monarchia Costituzionale di Vittorio Emanuele II e Suoi Successori.

Alle ore undici antimeridiane, dopo che avevano preso posto intorno al Trono i Collari dell'Annunziata, il Presidente del Senato del Regno ed il Presidente della Camera dei Deputati, i Ministri di Stato, i Ministri Segretari di Stato componenti, il Ministero, il Presidente del Consiglio di Stato, il Primo Presidente ed il Procuratore Generale presidente di Cassazione di Torino, il Primo Presidente della Corte dei Conti, il Primo Presidente ed il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Torino, il Presidente del Tribunale di Appello di Venezia, il Comandante Generale dèl Dipartimento Militare di Torino, il Prefetto della Provincia coi Consiglieri di Prefettura ed una Rappresentanza della Provincia di Torino, il Comandante la Divisione Militare, il Rettore della Regia Università di Torino, il Presidente ed il Procuratore del Re presso il Tribunale Civile e Correzionale di Torino, il Presidente del Tribunale di Commercio ed il Presidente della Camera di Commercio, il Sindaco e la Giunta Municipale di Torino, il Comandante la Guardia Nazionale di Torino, entrò S. M. il Re circondato dalla Sua Reale Famiglia, e seguito dalla Casa Militare Sua e dei Reali Principi.

Indi, introdotti i Podestà suddetti, il Conte G. B. Giustinian, Podestà di Venezia, leggeva il seguente discorso:

Sire,

Il fatto di recente avvenuto nelle Venete Provincie ed in quella di Mantova, e di cui oggi siamo onorati di presentarvi lo splendido risultamento, resterà ricordato dalle più tarde generazioni. – Questo tratto di terra italiana, che fu validissimo propugnacolo della straniera dominazione, ed ora lo diventa della nostra indipendenza; che s'era già dato all'Italia ed alla Vostra illustre Casa fino dal 1848; che confermò poscia quel voto colle perpetue cospirazioni, invano tentate di soffocare nel sangue dei generosi suoi figli, nei dolori delle lunghe carcerazioni, nelle amarezze degli esilii, col combattere le guerre per la causa nazionale; che in mille guise manifestò il prepotente affetto che lo stringeva a questa causa, ripete ora solennemente quei voti con un Plebiscito che non rammenta l'eguale.

Sì, o Sire, questo Plebiscito, che a noi sembrava superfluo, ma volentieri accettammo, siccome quello che ci offeriva l'occasione di affermare una volta di più ciò che tutta Europa sapeva, riuscì così largo e concorde da meravigliarne quasi noi stessi che l'abbiamo fatto, se nulla poteva riuscirci nuovo di ciò che s'attiene alla devozione nostra verso di Voi e della Dinastia Vostra, e all'affetto per la patria italiana.

Quei 647,246 sì, raccolti nelle urne delle nostre Provincie e di tante altre parti, dove a caso si trovavano Veneti, rispondono, speriamo, all'aspettazione di Vostra Maestà e dell'Italia, offrono all'Europa tutta una novella testimonianza della concordia italiana, e danno alla Nazione la certezza che l'èra dei sacrifizii è chiusa per sempre, ed incomincia quella di uno sviluppo progressivo di tutte le forze nostre, che deve portare l'Italia ad un'altezza raggiunta finora soltanto nell'intuitivo desiderio dei nostri grandi uomini.

A questo discorso S. M. rispondeva nei termini seguenti:

Signori,

Il giorno d'oggi è il più bello della Mia vita. Or sono 19 anni, il Padre Mio bandiva da questa Città la guerra dell'indipendenza nazionale: in oggi, giorno Suo onomastico, voi, o Signori, Mi recate la manifestazione della volontà popolare delle Provincie Venete, che ora, riunite alla gran Patria Italiana , dichiarano col fatto compiuto il voto dell'Augusto Mio Genitore.

Voi riconfermate con quest'atto solenne quello che Venezia faceva fino dall'anno 1848, e che seppe ogni ora mantenere con tanta ammirabile costanza ed abnegazione.

Io porgo qui un tributo a quei generosi che mantennero col loro sangue e con sacrifizi d'ogni sorta incolume la fede alla patria ed ai suoi destini.

Nel giorno d'oggi scompare per sempre dalla Penisola ogni vestigio di dominazione straniera. L'Italia è fatta, se non compiuta: tocca ora agli Italiani saperla difendere, e farla prospera e grande.

Signori, La Corona di Ferro viene pure restituita in questo giorno solenne all'Italia. Ma a questa Corona Io antepongo ancora quella a Me più cara, fatta coll'amore e coll'affetto dei popoli.

Letto poi il relativo verbale, redatto dal Ministro Guardasigilli, S. M. il Re vi apponeva l'Augusta Sua firma, e, dopo di Lui, i Reali Principi, i Collari dell'Annunziata, i Ministri di Stato, i Grandi Ufficiali dello Stato, e lo contrassegnarono tutti i Ministri.

In seguito il Conte Menabrea presentava a S. M. la Corona di Ferro resa dall'Austria.