Relatione dell'atto della fede/Nota introduttiva
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L’Atto di fede fu celebrato, contrariamente a quanto riportato nel frontespizio, nel mese di maggio e non nel mese di giugno del 1559. La Relatione è anonima e scritta originariamente in spagnolo. Proviene, quasi certamente, dall’ambiente inquisitoriale domenicano.
Valladolid, a quel tempo, era la più importante città della Vecchia Castiglia ed era stata la residenza dell’imperatore Carlo V e della sua corte. A detta dei suoi visitatori era una città ricca, con ogni comodità, piena di attività e centro dei più vari commerci. Soprattutto Valladolid riusciva ad attrarre i numerosi stranieri perché vi si poteva vivere con minor severità che nel resto della Castiglia. L’Atto di fede fu preparato con meticolosità e con l’usuale rituale, ma forse maggiore ne fu lo sfarzo, conseguente alle caratteristiche della città. Grande fu il concorso della popolazione, della nobiltà e del clero, come viene evidenziato dalla Relazione, anche perché, in queste occasioni, si lucravano indulgenze promozionali. Questo atto di fede presentava una particolare caratteristica: contrariamente a quelli celebrati in precedenza, i 31 condannati non erano nè islamizzanti nè giudaizzanti ma tutti, tranne uno, protestanti, o, come si diceva allora, luterani.
Il più importante personaggio, e anche principale vittima dell’Atto di fede, fu il Dr. Agustín de Cazalla. Già Canonico di Salamanca, nel 1542 venne nominato dall’Imperatore Carlo V suo predicatore e cappellano. Unanimemente era considerato excellentissimo theólogo y hombre de gran doctrina y eloquencia. Per l’Inquisizione era stato proprio Agustín de Cazalla ad introdurre le nuove dottrine luterane a Valladolid, e con notevole successo, a considerare il numero e le caratteristiche dei condannati. Non solo Agustín de Cazalla, ma anche gran parte della sua famiglia vennero condannati al rogo: suo fratello Francisco de Vibero, sacerdote, la sorella Beatriz de Vibero, monaca, e sua madre Leonor de Vibero che, morta in precedenza, venne disseppellita per bruciarne le ossa unitamente alla sua immagine. Anche suo fratello Juan de Vibero e la sorella Constanza de Vibero, nonostante fossero stati riconciliati a seguito dell’abiura, dovettero subire una dura condanna: il carcere perpetuo e la confisca dei beni. La casa natale dei Cazalla/Vibero, che spesso aveva ospitato le riunioni di preghiera dei luterani, venne rasa al suolo, le macerie cosparse di sale e, su di esse, posta una lapide di marmo a perpetua memoria.
Sono da chiarire i motivi della traduzione e della pubblicazione a Bologna di questa succinta Relazione. Verosimilmente venne decisa dal Capitolo della Cattedrale Metropolitana di S. Pietro (non a caso appare l’immagine dell’apostolo sia all’inizio che alla fine dell’opuscolo) come atto deferente per esaltare e propiziare la nomina del nuovo Inquisitore di Bologna, fra’ Antonio Balducci O.P., avvenuta formalmente il 20 gennaio 1560. Ulteriori notizie sull’Atto di fede celebrato a Valladolid e sulle sue vittime, si trovano nell’opera, in lingua spagnola, di Marcelino Menéndez y Pelayo, Historia de los heterodoxos españoles, al capitolo VII del Libro IV. L’opera è accessibile nel sito www.cervantesvirtual.com
Roberto Derossi