Recensione di Medio Evo
Questo testo è da formattare. |
Medio Evo è una leggenda del giovane poeta Lucio Costanzo, musicata da un artista di nome caro ed illustre, il maestro Francesco Paolo Frontini.
Il fatto si svolge rapidamente in un prologo e cinque parti: Un principe , alla vigilia delle nozze, galoppa felicemente verso il castello della sua fanciulla. che lo aspetta ansiosamente dall’alto di una torre. Per l’amore, che sta per essere suggellato dal matrimonio, il cavaliere offre alla castellana una croce d’oro, che ebbe in ricordo dalla madre moribonda. Sin qui l’amore è fiorito serenamente nei due giovani cuori; ora la croce svela un orrendo mistero, i due amanti appassionati sono fratello e sorella, l’avvenire di gioia è sparito, la felicità distrutta; la giovane desolata piange disperatamente la morte del fratello e dell’ amore.
Il modo sintetico con cui il fatto è presentato, se da un canto impressiona di più per la evidenza e il rilievo dei punti più drammatici e importanti, dall’altro lascia in chi legge od ascolta, un desiderio giusto d’una rivelazione maggiore delle cause che, così com’è la poesia, nel sentimento e nell’armonia del verso, bisogna argomentare interamente dagli effetti. Una ragione potrebbe giustificare abbastanza questo passaggio rapido da un momento psichico all’altro, lasciando che il pubblico indovini tutto il resto: La ristrettezza imposta dalla forma in cui si è voluto presentar la leggenda, per dare all’arte una produzione nuova per la scuola musicale italiana.
Però il maestro, trovando un’eco appassionata e profonda nell’anima sua al sentimento della lirica, ha saputo svolgere con la musica le idee che il poeta è stato costretto ad accennare semplicemente. Così il prologo, in gran parte di genere descrittivo, dice dell’ansia del cavaliere e della foga dei cavalli, del pulpito della castellana e del frastuono dei ponti che si abbassano per fare entrar la cavalcata; e all’incontro dei due cuori, la melodia, con cambiamento di ritmo e di tempo rivela la dolce commozione di quelle anime che ambiscono l’amplesso supremo. Così, di parte in parte dai sogni gentili in cui lo spirito si slancia per delirio sublime di voluttà, alla gioia reale di amare e di sentirsi amati, la musica eccita e spiega l’incanto che soltanto le note sanno dare nel loro mistero soave.
Venuto però il momento triste, la melodia è tutt’altra, è l’espressione del dolore che si svela ad un tratto nel la crudele semplicità del vero. Allora sorge spontaneo il rimpianto, e con felice trovata da artista, il Frontini fa ripetere la frase dei sogni dell’amore, quando al dolore presente si contrappongono, per antitesi naturale, i ricordi carissimi della felicità passata che non può rivivere più.
Il lavoro per la sua originalità, per l’eleganza del verso e l’elevatezza dei concetti melodici, è tale d’attirarsi, come ha fatto, la simpatia del pubblico.
Medio Evo - La musica
Proseguendo la recensione del nuovo lavoro del M. Frontini, mi studierò di fornire ai lettori un sommario della parte musicale.
Il prologo si apre con un movimento caratteristico in re bemol e, del solo pianoforte, in tempo 3|8 con qualche intermezzo di battute in sei; in modo che l’insieme ritmico riesce mimetico dello scalpitio di cavalli, questo movimento prosegue nei bassi ancora quando la voce con un canto declamato svolge le prime due strofe.
L’intento artistico è raggiunto con tale perfezione che non solo si resta ammirati nella parte descrittiva del pianoforte, per la felice imitazione, ma nel successivo insieme col canto, si hanno contemporaneamente presenti le rappresentazioni della corsa del cavaliero, e quella dei pensieri che lo dominano in quel momento, svolti dal canto.
Questa frase declamata esce quindi in una frase larga in tempo 6|8 agli ultimi due versi: L’amore che in vita le schiude l’aprile... che ferma opportunamente l’attenzione sul concetto espresso dalle parole.
E il prologo viene chiuso con parecchie battute del solo pianoforte che torna al primo tempo e ritmo.
I - Sogno d’amore.
Segue questa melodia nella quale la bella castellana in attesa del cavaliero dà sfogo alla piena dei suoi affetti e delle sue gioie con un canto appassionato, andante in la bemolle, mentre il basso riproduce, come eco lontana, la melodia che i cantini accompagnano con ritmo di crome sulle note acute.
E in questo canto il Frontini trasfonde tutta la passione che l’animo suo di artista ispirato gli suole suscitare, specialmente alla frase «t’amo fulgente sol...» che prorompe dopo una battuta di pausa, con un fa minima.
La melodia si chiude con un pianissimo alla parola «t’amo» ripetuta per due battute interrotte da una battuta di pausa, su due note decrescenti, e con sapiente monotonia d’accordo da tradurre insieme la dolcezza ineffabile di quella espressione.
II - Addio al castello.
La bella castellana sul punto di correre fra le braccia del suo amore, e di abbandonare il natio castello, gli rivolge l’ultimo addio con una melodia in sol minore che comincia sulla quarta del tono e precede con accompagnamento pesante di semiminime, come a denotare la tristezza di quel saluto; alla quale viene ancora accresciuto il colorito e l’espressione dalla frase: «Se ad ogni idea che se ne va, finisce - una parte di core...» tessuta su note basse del canto.
E qui la melodia, il cui stile comincia ad elevarsi, riproduce cosi fedelmente la dolce malinconia dell’abbandono, tanto nella tessitura della frase musicale come nel colorito del tono minore, che compenetra della situazione e commuove addirittura.
III - La croce.
Qui l’ amorosa. castellana ricorda il dono di una crocetta fattale dal suo fidanzato quale prezioso talismano.
E la melodia in do maggiore, con andamento largo, in tempo 2|4, con accompagnamento sincopato sul violino segue il concetto del misterioso regalo a cui un presentimento indeterminato, sovrasta quasi, da principio, per diminuire il godimento, finchè il canto erompe in una frase appassionata alle parole «Io l’ adoro... (la croce)» in cui cangia il movimento dei bassi e cangia la tessitura, come per l’ erompere di un affetto prepotente che vince ogni preoccupazione incosciente.
IV - Mistero.
I sogni d’ebbrezza sono distratti. La castellana ardente d’ amore ha riconosciuto , con quella crocetta, che l’ amante è suo fratello.
La rivelazione è preceduta da poche battute del pianoforte, con una frase ad andamento largo, la quale si ripete fra la prima e la seconda strofa; e la melodia s’ apre in mi minore , con una tale tessitura di note che lo stile cessa di avere la caratteristica da sala, e raggiunge l’ altezza di stile d’ opera; quindi la melodia passa nel tono maggiore alla frase : Addio Sguardi d’ Amore che dà più segnatamente l’ impronta di romanza d’ Opera, a questa bella melodia della quale l’ arte e l’ ispirazione hanno fatto un piccolo capolavoro, il cui pregio è accresciuto da certe alterazioni di tono, e movimenti di biscrome nei bassi, di effetto originale.
V - Schianto !
L’ amore è morto, violentemente ucciso dal Destino. Non resta che il pianto e la disperazione.
Il pianoforte preludia a solo, sotto cinque battute di pausa nel canto, lo schianto di quell’anima in pena, con accenni gravi fraseggiati e accompagna in la minore con note pesanti, tenute, un declamato su note basse.
Succede un tempo di marcia funebre per pianoforte, mentre la voce piange un canto che sfiora l’ altro alle parole «perchè? perchè?» e la frase del pianoforte con un crescendo molto sensibile va a risolvere in una frase straziante interrotta dalla voce che, come un singhiozzo grida: < Morto! >. Indi ripetendosi la frase del « Sogno d’ amore » in contrasto coll’attuale momento psicologico di suprema disperazione, con un tremulo nel violino, la voce a frasi spezzate canta: Ma tu non senti più la mia parola » fin chè finisce ancora, come eco di dolore, col grido ripetuto «Morto!».
Celestino Mohor - Sancio Panza 1899 Catania