Recensione della tragedia “Karlińscy” di Władysław Tarnowski
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dicembre 1874
– A Leopoli vide la luce il nuovo dramma in versi del distinto poeta e musico galliziano conte Ladislao Tarnowski. L’autore ebbe il pensiero originale e felice di farla precedere da una sua bella sinfonia, ch’ebbimo la ventura di ascoltare in Firenze in un ricordevole concerto dato dal conte Tarnowski nella primavera del 1873. Diamo qui in ristretto l’argomento del dramma. Siamo nel secolo XVII, in casa d’un gentiluomo polacco Karlinski, mentre il re Stefano Bathori trionfa sui russi. Karlinski è vecchio; combattè sempre a fianco del re; perdette sei figli sul campo; un solo gli resta, il giovane Isidoro. Egli è assente, in una scuola militare del grande hetmanno. Si alza la tela; è la vigilia d’un giorno di festa; il padre e la madre leggono la Bibbia; il libro è aperto alla storia del sacrificio d’Isacco; la madre lo interrompe e dice, con molta verità e poesia, che Dio non avrebbe mai domandato un simile sacrificio ad una madre. La lettura è fatta da Maria, giovane orfana, tutta soavità, che fu raccolta nella casa di Karlinski. Essa ama segretamente Isidoro. Arriva una lettera che annunzia come Isidoro ritorni. Scena commovente tra i parenti ed il figlio. Maria sta a contemplarla e pensa con tristezza che a lei orfana nessuna casa si aprirebbe per festeggiare il suo ritorno; Isidoro e Maria restano soli. Segue un dialogo breve, vivo, precipitoso; s’eran conosciuti fanciulli, si rivedono nel fiore della gioventù, e s’abbracciano. Sopraggiungono i parenti; alla prima si compongono a severità, mai poi pensando alla felicità di quel giorno perdonano e benedicono. Mentre si benedice si stacca dal muro un vecchio ritratto; la madre scorge un cavaliero che galoppa verso la casa, le campane mandano rintocchi funebri; il cavaliere entra ad annunziare che il re è morto; tutti s’inginocchiano e cade la tela. Nel secondo atto, un conte palatino espone a Karlinski i pericoli del regno, pel gran numero di pretendenti alla corona. Ottiene favore Sigismondo di Svezia figlio di una Jagellona. Karlinski riceve l’incarico di difendere Olsztyn contro gli austriaci; il figlio Isidoro lo vuol seguire ad ogni patto; la madre sente l’enormità del sacrificio, e parte anch’essa almeno per star presso a suo figlio e curare i feriti. Nel terzo atto, le donne stanno dalla fortezza a guardar la battaglia. La vittoria si dichiara per Karlinski; Karlinski torna tuttavia con la visiera calata, perché non osa sostenere lo sguardo della moglie che gli chiederà del figlio, il quale dopo aver pugnato da leone, è caduto prigioniero di guerra. Karlinski tratta per la restituzione de’ prigionieri; offre tutti gli austriaci contro il solo suo figlio; il capitano nemico intima la capitolazione minacciando che farà appendere Isidoro contro i bastioni, perchè il primo ferito da Karlinski sia il proprio figlio. Karlinski inorridisce, ma grida che prima d’esser padre fu cittadino, intima all’austriaco di uscire; e la madre lo accompagna, con una sua tremenda maledizione. Nel quatto atto Isidoro sta incatenato e come crocefisso al suolo; Zborowski partigiano de’ tedeschi, entra mezzo briaco; amò gia la madre d’Isidoro; si reca presso il comandante austriaco per implorarne la libertà; frattanto i soldati austriaci insultano il crocefisso Isidoro, che non li degna di risposta. Entra la madre come zingara; il capitano austriaco l’invita a dir la ventura al giovine legato; la madre riconosce il figlio; Miclecki, l’amico d’Isidoro viene con alcuni suoi compagni per liberarlo; s’impegna una lotta tremenda, disuguale; Miclecki muore ferito presso il suo amico. Nel quinto atto Isidoro è affisso al bastione innanzi al cannone polacco; la sua Maria ch’è sonnambula va per cercarlo e liberarlo, e cade da un precipizio; sinistri presagi; la catastrofe si compie, Karlinski per difendere la patria sacrifica il proprio ultimo figlio; vince, e va in un convento a chiedere perdono a Dio dell’infanticidio. Un sunto non può dare alcuna idea precisa del valore scenico d’un dramma; tuttavia da quello imperfettissimo che qui abbiamo dato del Karlinski, ci pare che si possa argomentare che l’azione, malgrado qualche passo lirico che la interrompe, è molto drammatica e scritta in quel tono che si chiama tono maggiore e che conviene perfettamente ai drammi, in ispecie ai drammi patriottici, ciò che non toglie tuttavia che sia particolarmente gustato il primo atto, come lavoro delicatissimo, nel quale l’ingegno poetico del Tarnowski fece ottima prova.