Leggenda seconda – 1. Due saghe

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DUE SAGHE



Poscia che al mondo s’era detto 1000,
Sotto un rimoto ciel, di là dai mari.
Di là dai monti, lontano, lontano.
Moriva un Re. Tanto i solchi del tempo

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Frugato avea su quell’antico vivo,
Che le gene parean due palimsesti
Carchi d’orride isrtorie; la sua chioma
10Bruna un giorno, poi bianca, era di zolfo
E d’ossido macchiata, al par di lino
Infracidito. Ancor d’atri baleni
Lampeggiava lo sguardo.

E’ vi ricorda
D’un banchetto regal? d’un gaio incendio,
Tutto d’or, tutto sole? era da quello
Un secolo trascorso e ancor viveva
Lo sposo di que’ giorni; agonizzando,
Ma viveva, ed avea centocinquanta
20Anni varcati. A quel regal banchetto
(Narra un’antica saga) ebbero i vini
Così gaje burrasche ed infurïate,
Che verso l’alba si vedean brïache
Le capocchie cascar dei convitati,
25Distaccate dal torso, a quattro a quattro,
Come noci abbacchiate.


Un’altra saga [p. 143 modifica]

Più antica e più veggente ne tramanda
  Che in quella notte mugolasser voci
  30Tetre nell’aria, e si vedesse appesa
  La salma d’un gentil romanzatore
  A un salice del bosco.


35La morente
Udiam voce del Duca; ei giace, muto
Ed atterrito, come immota scolta
Diventâr cataletto; e già le coltri
40Sudario. Ardon funerei ceri. Un frate
Gli sta d’accanto, un frate bruno e chiuso
In un lungo sajo. Il labbro di Re Orso
Sgorga parole e rantoli; chinato
Il confessore ascolta. (È la favella
45Un torbido liquor che vuol l’orecchio
Per allambico.) A lunga confessione
Dèi prepararti, o frate, a tenebrosa
Litania di delitti; in te l’Eterna
Misericordia sia consïglio e guida.