Raimondo Montecuccoli (Corniani)
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Nome illustre nell’arte della guerra e non oscuro nemmeno nelle arti di pace. Nacque Raimondo in Montecuccolo sul Modenese dal conte Galeotto, nel 1608. Abbracciò giovanetto la professione delle armi sotto la direzione di Ernesto suo zio, generale di artiglieria nelle armate austriache. Questi volle che il nipote incominciasse la sua carriera in qualità di semplice soldato, e passasse di mano in mano per tutti i gradi di subordinazion militare prima che fosse elevato all’onore di comandare . Pervenuto alla dignità di generale nel 1644, con soli duemila cavalli sorprese diecimila Svedesi, lor tolse artiglieria e bagagli, e li costrinse ad abbandonare l’assedio di Nomenau in Islesia.
Ma il general Bannier, che non era molto discosto, poté con tutta l’armata svedese raggiugnere il Montecuccoli e farlo prigioniero. Divertì egli l’ozio ingrato della sua prigionia con una assidua lettura, la quale ravvivò nel suo spirito i germi già inseritivi da una scientifica educazione. Ridonato dopo due anni alla libertà, dispiegò le ampliate sue cognizioni di tattica in rivendicare il riportato scorno colla totale sconfitta degli Svedesi e colla morte del lor generale. Contro gli Svedesi medesimi sostenne e Polacchi e Danesi, e colle sue reiterate vittorie indusse il re Carlo Gustavo alla pace. Nel 1664 affrontò i Turchi in Transilvania, e coll’accorto suo destreggiare rendette inoperoso un formidabile esercito, finché, accresciuto di forze, lo vinse nella celebre giornata di San Gottardo.
Nel 1673, unito al principe d’Orange, arrestò i trionfi di Luigi XIV nella quasi oppressa Olanda. Nell’anno seguente gli venne tolto il comando per affidarlo all’elettore di Brandenburgo, detto il grande elettore, e ad altri principi. Turena li fugò con una tattica prodigiosa e mandò a ferro ed a fuoco le provincie alemanne da lor protette. Fu tosto rispedito Raimondo a porre argine ai progressi del generale francese ed alla licenza de’ suoi soldati. Montecuccoli, dice Voltaire, era il solo che fosse degno di essere contrapposto a Turena . Entrambi ridotta aveano la guerra in arte. Essi trapassarono quattro mesi nel seguirsi, nell’osservarsi, in marce, in accampamenti; operazioni apprezzate dagl’intendenti più che le stesse vittorie. Si opponevano essi a vicenda la pazienza, la scaltrezza, l’attività... Finalmente erano disposti di avventurare la lor rinomanza alla sorte dell’armi, allor che, nell’atto in cui Turena si recava a riconoscere un posto, una palla di cannone il colse e l’uccise. Il Montecuccoli, participando all’imperator suo sovrano questo tragico avvenimento, da generoso nemico deplora la perdita di un uomo che, come egli si esprime, onorava l’umanità. Dopo la morte di Turena, Montecuccoli penetrò in Alsazia; e, per formar argine a’ suoi progressi, fu d’uopo di opporgli l’altro eroe della Francia, il principe di Condé. Nemmeno in di lui confronto occorsero memorabili eventi. Questa fu l’ultima campagna del nostro Raimondo, la quale veniva da lui riguardata come la più gloriosa della sua vita, avendo avuti per competitori Turena e Condé, e non essendo rimasto vinto né dall’uno né dall’altro. Il restante de’ suoi giorni lo trapassò il Montecuccoli nella corte di Vienna decorato dalla dignità di principe dell’Impero e d’altri cospicui fregi.
Ricreò questo riposo onorato coi liberali studii e colla conversazione di uomini scienziati. Ei dimostrò il più fervido impegno in promovere l’accademia dei Curiosi della natura di Vienna (prima società fisica sorta in Alemagna), della quale solennemente dichiarato fu protettore . L’imperatore Ferdinando III, amatore della lingua italiana a segno tale che voltò in essa alcune orazioni di Demostene, fondò nelle sue proprie stanze un’accademia diretta all’esercizio ed al ripulimento della medesima lingua, di cui volle che il Montecuccoli fosse uno de’ primarii ornamenti. Presiedeva ad essa accademia l’arciduca Leopoldo figlio di Ferdinando e suo successore al trono, il quale vi recitò più componimenti di toscana poesia, di cui fu coltivatore felice .
Il principe Raimondo finì di vivere in Lintz il dì 6 ottobre dell’anno 1681.
Gli scritti del Montecuccoli sull’arte della guerra portano l’impronta di un genio originale e profondo, a quanto ne dicono gl’intelligenti. Noi non entreremo in alcuna disquisizione intorno ai medesimi, confessandoci affatto imperiti in questa formidabile scienza. Gli amatori della medesima possono in ciò aggradevolmente soddisfarsi dappoiché un dotto ingegno ne ha, non ha guari, riprodotte magnificamente le opere, corredandole delle proprie osservazioni .
Trascriveremo da’ suoi prolegomeni alcuni periodi, nei quali ci viene presentato il Montecuccoli in qualità di scrittore, e con essi al presente articolo porremo fine: lo stile dell’autore negli aforismi sa del filosofo e del guerriero; ne’ comentarj è pieno di storica ingenuità e sente la scuola del Davanzati. Un libro tutto grandi idee, vedute chiaramente, meditate e sentite, sarà sempre esemplare ai pensatori. Ma quantunque la profondità e l’energia, doti rarissime negli scrittori moderni, sieno eminenti nell’autore, si desidera non pertanto una certa nitidezza e castità d’idioma. Ch’ei coltivasse la sua lingua nativa apparisce da’ suoi versi; ma la lingua era allora adulterata dalla scuola dei secentisti, come oggi dalla libidine dei libri stranieri.