Raccolta di proverbi bergamaschi/Cupidità, amor di se stesso
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Cupidità, amor di se stesso
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CUPIDITÀ, AMOR DI SE STESSO.
As’ ved i difèć di óter, ma miga i sò — Si vedono i difetti altrui, ma non i proprj — perchè
As’ gh’à du sachèi, ü denàć e ũ de dré — Si hanno due bisacce pendenti l’una sul petto e l’altra dietro le spalle — la prima ripiena dei vizj altrui e l’altra dei proprj; perciò non vediamo la bisaccia che ci sta sul tergo.
Chi gh’à la rogna, se la grate — Chi ha la rogna, se la gratti — e i Toscani: A chi dole il dente se io cavi; Ci pensi chi ha l’impaccio.
De la ròba di óter al ne va de per töt — Della roba d’altri ne va dappertutto — cioè si consuma senza risparmio.
Impó per ü fa mal a nigù — Un pò per uno non fa male a nessuno.
Mort mé, mort töć — Morto io, morti tutti — Si dice dell’egoista. «Pur troppo l’uomo nel suo sè meschinissimo e presuntuosissimo sente ribollire questa vana bestemmia: Morto io, morto il mondo!» (Giusti, Epistol.). Un Francese direbbe: Après moi le déluge. Tiberio ripeteva un verso greco che dice: Morto io, vada la terra a fuoco e fiamme. Questo verso è ricordato con orrore anche da Cicerone.
Töć tira l’aqua söl sò mölì — Ognuno tira l’acqua sul suo molino — Ognuno cerca il proprio utile; perciò
Töć i magnà i loda la sò bolgia — V. Mestieri.