Quel giorno/È venuto il congedo
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I.
È venuto il congedo.
È venuto quel giorno e non sei più soldato: fin qui hai severamente, rigorosamente adempiuto i compiti che ti son stati affidati, non ascoltando altra voce che quella della tua onesta coscienza temprata al dovere più puro e disinteressato, ma oggi lasci i compagni, i superiori, i luoghi della tua gioia e dei dolori tuoi, la divisa, l’Esercito.
Non cessi però di essere un combattente perchè se le lotte della guerra sono una eccezione nella vita sociale e dovranno, se gli uomini vorranno, essere rese sempre più rare e di difficile attuazione, nei rapporti civili, la lotta è norma e necessità se si vuole progredire, se si vuol migliorare, se si vuole essere nella compagine sociale qualcuno e qualche cosa; perchè il mondo non è uno spettacolo, ma un’arena di battaglie nella quale quanti hanno a cuore il giusto, il santo, il bello, devono compiere — capi o gregari — la loro parte.
Dicendo lotta, tu devi intendere non contrasto violento, materiale, corpo a corpo, colluttazione, ma operosità, amore costante al lavoro, fermezza di carattere che ti dia la forza di opporti ai soprusi, partecipazione alla vita pubblica, vita onesta e contegno schietto che ti permettano di far sempre trionfare il bene, comunque si presenti contrastando ad ogni costo le multiformi affermazioni delle basse e mali passioni.