Quante volte per mia troppa speranza
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sestina i
[Privo di speranze in Amore, aspetta la morte.]
1
Quante volte per mia troppa speranza,
da poi ch’io fui sotto il giogo d’Amore,
bagnato ho il petto mio d’amari pianti!
E quante volte, pur sperando pace
da’ santi lumi ho desiato vita,
e per men mal di poi chiamato ho morte!
2
Ed or ridotto son che, se giá morte
non viene, non ho al mondo altra speranza,
tanto è infelice e misera mia vita.
Dunque son queste le promesse, Amore?
dunque quest’è la desiata pace?
se chiamar si de’ pace i tristi pianti.
3
Chi spera sotto Amor altro che pianti
o vita, la qual sia men ria che morte,
o gustar mai un’ora sol di pace,
quel vive invano e in fallace speranza;
perché non pria altri è servo d’Amore
che mille morti il giorno essere in vita.
4
Fu un tempo tranquilla la mia vita;
ma non si può saper che cosa è pianti,
se pria altri non è servo d’Amore.
Né si conosce il viver senza morte,
o quanto è vana ogni umana speranza,
né fia contento omai chi desia pace.
5
Chi uman vivere disse, tolse pace
in tutto della nostra mortal vita,
e d’ogni mal cagion lasciò speranza.
Questa fa sofferire i tristi pianti,
ad altri comportar fa mille morte,
e, quel ch’è peggio, il fa servo d’Amore.
6
Non nasce prima in gentil core Amore,
che s’aggiugne al desio lo sperar pace,
il qual pria non diparte che con morte:
non dico del morir che si fa in vita,
ma di quel, di che fanno i mortal pianti,
ch’è di vita miglior ferma speranza.
7
Io, che speranza aver propizio Amore
non ho, ma stare in pianti e senza pace,
aspetterò per miglior vita morte.