Prose della volgar lingua/Libro terzo/LVI
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Laonde il Magnifico, cosí a ragionare rientrando, disse: - Resterebbe, oltra le dette cose, a dirsi della particella del parlare, che a’ verbi si dà in piú maniere di voci, Qui Lí Poi Dinanzi e simili, o delle altre particelle ancora, che si dicono ragionando come che sia. Ma elle sono agevoli a conoscere, e messer Ercole da sé apparare le si potrà senza altro. - Non dite cosí, - rispose incontanente messer Ercole, - ché ad uno del tutto nuovo, come sono io in questa lingua, d’ogni minuta cosa fa mestiero che alcuno avertimento gli sia dato, e quasi lume che il camino gli dimostri, per lo quale egli a caminare ha, non v’essendo stato giamai. - Cosí è - disse appresso messer Federigo, nel Magnifico risguardando che si tacea - e messer Ercole dice il vero. Di che voi farete cortesemente, a fornir quello che cosí bene avete, Giuliano, tanto oltre portato col vostro ragionamento; massimamente picciola parte a dire restando, se alle già dette si risguarderà -. Per la qual cosa il Magnifico, disposto a sodisfargli, seguitò e disse: - Sono voci da tutte le già dette separate, che quale a’ verbi e quale a’ nomi si danno, e quale all’uno e all’altro, e quale ancora a’ membri medesimi del parlare come che sia si dà, piú tosto che ad una semplice parte di lui e ad una voce. Delle quali io cosí, come elle mi si pareranno dinanzi, alcuna cosa vi ragionerò, poscia che cosí volete. Sono adunque, di queste voci che io dico, Qui e Qua, che ora stanza e ora movimento dimostrano, e dannosi al luogo, nel quale è colui che parla; et è Costí, che sempre stanza, e Costà, che quando stanza dimostra e quando movimento, e a quel luogo si danno, nel quale è colui con cui si parla; e In costà detta pure in segno di movimento; et è Là, che si dà al luogo, nel quale né quegli che parla è né quegli che ascolta, e talora stanza segna e talora movimento, che poscia Lí, sí come Qui, non si disse se non da’ poeti. La qual particella nondimeno s’è alle volte posta da’ medesimi poeti in vece di Costà:
Pur là su non alberga ira né sdegno.
Dissesi eziandio Colà, cioè in quel luogo e a quel luogo. Et è Quivi, che vale quel medesimo, e Ivi, dal latino e in sentimento e in voce tolta, la B nella V mutandovisi. È tuttavia, che alle volte Ivi si dà al tempo, e dicesi Ivi a pochi giorni; sí come anco Qui, che s’è detto Infino a qui, e come ancora Colà, che s’è detto Colà un poco dopo l’avemaria e Colà di dicembre e somiglianti. Ma queste due, Qui e Ivi, eziandio si ristrinsero, ché l’una Ci e l’altra Vi si disse, Venirci Andarvi e Tu ci verrai Io v’andrò. È ancor da sapere che, quando queste particelle Qua e Là insieme si pongono, non si dice Qui, ma dicesi Qua, per non fare l’una dall’altra dissomigliante: Chi qua con una, e chi là con un’altra cominciarono a fuggire. Se non quando la Qui dopo l’altra si dicesse: Senza che tu diventerai molto migliore e piú costumato e piú da bene là, che qui non faresti, e ancora: Pensa, che tali sono là i prelati, quali tu gli hai qui potuti vedere. Fassi il somigliante nella Di qua, quando con la Di là è posta: Acciò che io di là vantar mi possa, che io di qua amato sia dalla piú bella donna, che mai formata fosse dalla natura. Ché, senza essa parlandosi, Di qui e non Di qua si dice: Di qui alle porte di Parigi, Villa assai vicina di qui; e dassi alle volte al tempo: Donna, io ho avuto dallui che egli non ci può essere di qui domane, e simili. Fassi ancora nella Costà, quando con la Qua si pone: Né possa costà una sola, piú che qua molte. È il vero che, qual volta si dice Di qua per dire Di questo mondo, non si dice giamai Di qui, ancora che ella non s’accompagni con la Di là, o, accompagnandovisi, a lei si posponga; ma dicesi Di qua: Per quelli di qua, e Se di là, come di qua s’ama; e similmente quando è sola nel mezzo del parlare: A guisa, che quelle sono, che le donne qua chiamano rose. Dicesi eziandio In qua sempre, sí come sempre Infino a qui, e dicesi Qua giú, Qua sú, Qua entro, e Di quaentro, e parimente Costà sú, Costà giú, e Di costà, sí come Di colà, e Colà sú e Colà giú.