Primo vere/Libro secondo/Rosa
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Ad Antonino Liberi.
Pallida rosa, che da ’l verde céspite
ridi con disìo placido
a ’l bel vale d’amor de ’l sole occiduo
e gli mandi i tuoi balsami,
5senti tu tra le foglie i dolci fremiti
ch’or la natura scuotono?
intendi la canzon che canta Zefiro
tra’ rami di que’ platani?
Ecco, il tuo stelo trema a ’l bacio languido
10d’un’amante libellula,
e le viole invidïando guardano
i tuoi divini gaudii:
da l’orïente la stella di Venere
ti vibra il raggio pronubo,
15mentre le gaie rondini cinguettano
per te l’epitalamio.
Le petulanti passere rispondono
da le pampinee pergole
con trilli, con garriti di letizia
20e piluccando i grappoli.
La cascatella i piccoli echi suscita
per li verdi silenzii,
simile a suon di chitarrino e flauto
in nuzïal corteggio…
25Deh, come lieta l’armonia de l’etere
in questa solitudine!
Come son belli questi tuoi connubii,
o cara terra vergine!
Io chiedo un’onda di celesti effluvii
30a ’l sacro fior di Venere:
chiedo che un raggio de’ suoi caldi vesperi
doni a’ miei carmi Apolline.