Primo maggio/Parte sesta/XII

Parte sesta - XII

../XI ../XIII IncludiIntestazione 25 settembre 2008 75% romanzi

Parte sesta - XI Parte sesta - XIII

Ebbe appena il tempo di osservare quella silhouette nera, d’una grazia severa e semplice come la sua andatura, che mostrava una donna che pensa -, che la raggiunse. Di volo, osservò sopra il suo bel collo pallido, nelle ciocche nere della nuca, qualche capello grigio - e l’arrestò, salutandola con rispetto.

Ella diede uno dei soliti suoi rapidi sguardi, gli lesse così in fondo, che a lui parve quasi superfluo di parlare.

Ma la commozione lo portò via. - Ho visto tante miserie, signora, e ho pensato mille volte a lei. Il cuore mi diceva che l’avrei incontrata. - E se non l’avesse incontrata, sarebbe andato a cercarla. Oh, ora capiva, per la prima volta, la micidialità dissimulata delle crisi industriali. La gente non moriva di fame, come in altri tempi, per le carestie; moriva per le stesse cause che nei tempi ordinari; soltanto, moriva più presto, cadendo le malattie in organismi indeboliti. Quanti erano segnati dalla morte di quelli che aveva visti! Oh era orrendo! E prima che le cose mutassero, qui - altrove - da per tutto, millioni dovevano ancora agonizzare e morire in quelle tombe di case, sentendo sotto i propri piedi l’abbondanza, i piaceri, la vita! Oh quei poveri bambini che aveva visto, quella povera carne da ospedale e da cimitero! Oh! egli avrebbe voluto perder tutto il suo sangue, a goccia a goccia, dagli occhi, per cancellare quell’orrore, quell’obbrobrio dal mondo.

Essa indovinò la esaltazione non espressa che era mista a quella che esprimevan direttamente le sue parole. Rispose con molta calma, avviandosi: - Bisogna anche esercitarsi a veder soffrire, e frenare anche l’esaltazione della pietà, che va a danno dell’azione. Noi dobbiamo essere un po’ come i medici a cui occorre più cervello che cuore. Col tempo, acquisterà anche lei questa forza.

- Crede lei, signora Zara, - ch’io non abbia questa forza? Che non sia esercitato a soffrire?

- Credo -, rispose - che il vero indizio della forza sia quello di non cercar conforto quando si soffre.

- Oh questo non dovrebbero mai dirlo le sole persone che hanno la potenza di consolare! Lo dico per lei, signora Zara! A che serve che lei mi neghi la sua confidenza? Io me la prendo, perché ne ho bisogno, e mi par d’averci diritto. Ella crede ch’io non sappia soffrire, forse che non abbia sofferto perché non conosce nulla della mia vita. Ma muterebbe idea, forse, se mi conoscesse. Mi permette di aprirle l’animo, di dirle tutto, come a un’amica? Sarà la prima persona con cui lo faccio, dopo che la mia vita è mutata; e sarà anche la sola, perché non ho altro che lei.

La Zara si fermò in quel momento, davanti a una porta di via dei Mercanti, dove stava di casa, e parve qualche momento perplessa, guardandolo. Ma Alberto vide sotto quella incertezza un baleno di seria curiosità.

- Venga in casa -, disse semplicemente la Zara, e s’avviò.

Quelle parole fecero affluire il sangue al viso di Alberto, che vide appena in confuso il cortiletto triste che attraversarono. S’accorse però da un saluto rispettoso del portinaio e da un gruppo di donne e bimbi che la Zara doveva godere fra quella gente una reputazione migliore che nel suo mondo.

Egli risentì una nuova scossa vivissima quando entrò in una camera a terreno, rischiarata da una luce grigia, una di quelle camere semplici e tristi che son l’espressione d’una vita; ma di cui egli non vide nulla, fuorché la bianchezza viva d’un piccolo letto di ferro, in fondo.

Essa sedette davanti a un piccolo tavolo coperto di libri e di carte, contro la finestra, incrociando le braccia come una monaca, con gli occhi fissi nel muro. Egli dall’altro lato del tavolino. E la storia di tutta la sua vita, dal 1° Maggio dell’anno avanti, tutte le lotte della sua coscienza, tutti i suoi entusiasmi, tutti i contrasti avuti in casa, tutte le battaglie sostenute per infondere in altri e per difendere la propria idea, tutti i dolori patiti nei suoi affetti di amico, di figlio, di padre, di marito - tutti i piccoli fatti dolorosi, strani, odiosi, miserabili che l’avevan condotto finalmente a separarsi dalla sua famiglia, coi più profondi pensieri, con le più segrete torture che li avevano accompagnati, gli uscivano dalla bocca tremante in una di quelle ondate impetuose di parole ardenti, vigorose, dolci, sincere, che solamente escono da un’anima giovanile, in cui si confondono l’entusiasmo, il dolore e la bontà, la poesia. Specialmente insistette sulla lotta con la moglie, e quasi malgrado suo, l’impeto dell’animo gli fece palesare tutto l’amore che aveva avuto per lei, tutto il tormento che gli aveva causato il veder quell’anima chiusa alle sue idee, chiudersi tanto più quanto più egli procedeva, un abisso aprirsi fra loro di giorno in giorno, scorgere in lei una nemica d’ogni suo più alto pensiero, vederla soffrire d’ogni suo più generoso sentimento, - un malinteso irreparabile, che s’intricava ogni giorno di più - solo nella sua casa - ferito nell’affetto di cui aveva più bisogno per aver coraggio e forza, e col quale l’anima sua sarebbe ingigantita -. Oh, questo l’aveva avvelenato, empito d’ira, d’odio, di desideri di vendetta, di mille orribili passioni che non conosceva! - Ma sotto a queste passioni - disse abbassando la voce - ho un bel mostrare la faccia imperterrita... il mio cuore si spezza! Ah! Lo dico a lei sola, perché lei sola può intendermi, e posso scapitar nel suo giudizio, non nel suo cuore; a lei che ha la forza eroica e una bontà infinita, e di cui tutta la mia vita non vale un giorno né un’ora!

Questo non era ancora l’amore; ma il modo con cui, piantando i gomiti sul tavolino, incrociò le mani sotto il mento, e sporse il viso verso di lei, un po’ inclinato da una parte, - quel viso così giovane, così aperto, così fremente e luminoso di sincerità e di simpatia, - dicevano troppo chiaramente quello che non aveva detto la sua bocca, su cui guizzava un fremito di pianto.

Essa lo fissò con gli occhi neri, pieni d’una dolcezza triste e sorridente ad un tempo, - quasi materna - e poi gli porse la mano.

Egli l’afferrò, e la coprì di baci; - ma essa la ritirò subito, come se fosse scottata, leggermente arrossendo.

Poi disse lentamente, con un sorriso di benevolenza materna, e coll’aria di chi sa di dare una notizia che recherà sorpresa:

- Riconosco due sentimenti, ugualmente nobili, in tutto quello che mi ha detto: un sincero entusiasmo per la nostra causa... e un grande amore per sua moglie.

Egli rimase interdetto.

Essa si rifece seria, e continuò con un accento d’una tal soavità che anche a lui, che pure credeva di conoscere il proprio cuore, fece sorpresa, e con una monotonia lenta, che pareva la voce stessa della ragione... Sì, essa era certa d’aver detto la verità. - E disse quel "certa" con un vigore straordinario. Non era possibile che un cuore come il suo, così giovanile, che un animo così retto e pieno di generosità, non amasse la donna che aveva sposato per amore, la madre del suo bambino, quella con cui era vissuto tanti anni felici. Il dolore d’esserne separato, l’amore per lei ferito, avevano eccitato la sua sensibilità, avevano voltato il suo bisogno d’affetto verso un’altra... parte. Egli era vittima d’una illusione, che era effetto della sua natura viva e affettuosa. Per accertarsene, non aveva che a far la supposizione che essa tornasse a lui, convertita alle sue idee. L’avrebbe accolta con trasporto, non è vero? ... È vero. Ebbene, egli l’amava ancora, perché il dissenso nelle idee non uccide l’amore. Egli doveva compatire e scusare. - E quello che soggiunse, lei che egli credeva compressa d’odio contro le donne borghesi da cui sapeva d’essere odiata e spregiata, lo stupì. - Che sua moglie non accetti le sue idee, è troppo logico. La donna è dotata dalla natura d’uno spirito perspicace, forte e giusto, ma finora è stato compresso dalla società, che finora non le ha lasciato fare che un ufficio minimo nella vita intellettuale. Le sue facoltà non si sono svolte. Perché pretendere da lei quello che non può dare; volere che il fanciullo pensi e operi da uomo? È ingiusto ritirarle l’affetto per questo. Essa pure ha lottato, ha sofferto, e soffre ancora non meno di lei, con la coscienza d’esser nel vero. E lei, che, in fondo, lo sente, non glie l’ha ritirato. In fondo, lei ne ha più bisogno di prima; è lei che invoca, che desidera - è lei che lo tortura. Aspetti dunque che venga. - E soggiunse, dopo una pausa: - Essa verrà. Abbia fede, e l’aspetti. Non macchi la sua vita nobile, l’ordine alto di idee e di sentimenti in cui è entrato... con una leggerezza; per quanto sia gentile anche questa; perché è una leggerezza il voler rimanere in una illusione. Dia così una prova della forza che è necessaria per andare avanti nella via piena di dolori e di lotte in cui s’è messo con tanto coraggio.

Alberto sentì subito la falsità della sua posizione, e benché la sua coscienza riconoscesse la ragione, il suo cuore e il suo orgoglio spasimarono. Ma riuscì a dissimulare con uno sforzo violento, e soggiunse, in un accento di grande affetto, quello che era vero: - E se io dicessi che dopo queste sante parole che m’ha detto, io l’amo più di prima?

Essa credette di sentire in quelle parole l’ammirazione e la tenerezza prevalere all’amore, e che la causa fosse vinta. Che solo l’imbarazzo d’uscire dalla situazione, un senso di falsa dignità virile, - gl’impediva di riconoscere a voce la sua ragione.

- Sì -, rispose, - lei mi stima, e m’ama più di prima, lo credo. Ma me lo dica nel senso che voglio io. Sia nobile e buono fino in fondo, se anche le costa un sacrifizio d’amor proprio, perch’io possa essere d’ora in avanti la sua amica, la più franca e la più sicura delle sue amiche. Mi dica che ama la madre del suo figliuolo, - che ama lei sola - e che la aspetta.

Egli esitò; doveva afferrar quel modo d’uscirne a bene; ma non bastava, una delusione amara gli faceva luccicar gli occhi di lacrime.

E allora essa s’alzò, gli afferrò il capo alle tempie, e gli disse contro il viso: - Me lo dica, me lo dica - è mio dovere di farglielo dire - io voglio che me lo dica!

E pronunciò queste parole con un accento di tale autorità, lo fissò con occhi così superiori e strani, che ne rimase affascinato. E rispose con ardente sincerità, in quel momento: - Sì,... con tutta l’anima mia!

E lei gli diede un bacio sulla fronte.

Egli balzò come al tocco d’una scintilla elettrica, e fu per afferrarla. Ma la profonda convinzione che fosse inutile, lo trattenne. Ah non era una donna per lui!

- Ed ora... - disse lei, dopo un momento, come chi ha preso una risoluzione difficile.

Ma si ritenne, e disse un’altra cosa. - Ed ora vada. Quello che ha scritto sulla Quistione d’oggi ha rotto l’ultimo legame che lei aveva con la sua classe. Avrà nuovi dolori. Li sopporti con fermezza. Sia calmo. Venga da me. Non per trovare una donna; per avere espressioni d’affetto e conforti. Ma per vedere come si fa a soffrire con coraggio. Egli la stette a udire, con triste ammirazione, e mille pensieri passarono: un suicidio per l’uomo che doveva aver amato, per quello che forse avrebbe amato ancora - il pensiero che un’altra tempra ci voleva per ispirarle amore - che c’era un che di tragico in lei a cui egli non poteva giungere - che egli non era uno di quegli uomini che si fanno amare da quelle anime - di quelli a cui l’amante eroica manda l’ultimo sublime saluto mettendo il collo sul capestro per la causa della redenzione umana.

Essa lo vide triste e con un accento strano e doloroso gli disse: - Addio, Alberto.

Egli le baciò le mani con trasporto, ed uscì, come camminando in un sogno, oppresso da una grande tristezza. Anche quel conforto gli mancava! Il suo cuore era solo! Egli poteva cavarci l’ira e l’odio - nessuna dolcezza sarebbe più venuta a mitigarli - non gli restava più davanti che la via solitaria, aspra, sanguinosa della lotta e del sacrifizio senza baci e senza compianti.