Preludio al Calatafimi
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Dal poemetto inedito Calatafimi
I
A me lo schianto e gl' impeti
Dell Adda allor che, fumido,
Dallo Stelvio precipite
Si sfrena e la granitica
Scala divora e va;
A me l'urlo del turbine
Quando il Cenisio domina
E i campi investe, ed agita
La gran selva che, trepida ,
Mormorando si sta;
A me d'alpini vertici
La scabra altezza, ed ampia
La distesa de' pelaghi
Deserti, allor che parlano
Dell'Immenso al pensier;
Però che il petto m'occupa
L'opra dei Mille: altissima
E vasta opra che a bronzei
Numeri affido, a libere
Note, fiamme al guerrier!
Qui, qui strida la ferrea
Corda d'Alceo, qui strepiti
L'inno auriace dell'aquila
Di Tebe. Ecco, sul memore
Colle d'Olimpia io son.
Ecco: le turbe tacite
Ansan stupite, ed, ignea
Lava, il canto di Pindaro
Giù scende; e tutta l'Ellade
Arde e freme in quel suon.
Dal fosco Ade ritornano
I morti eroi, fan plauso
I Dioscuri, palpita
Ermete e i prischi Eacidi
Mandan faville ancor
Dall'aureo carro. Affrettati,
Alcimedonte; all'ardua
Tenzon protendi i muscoli
D'acciaro, o forte Diagora
Ch' ài di leone il cor;
Pugnate, osate: i cupidi
Occhi in voi figgon pallidi,
Li aonj figli, e validi
Sensi in quei petti accendono
Vostre maschie virtù;
Onde sull'irte innumeri
Perse caterve, indomita,
Come nembo mortifero,
Doman fia vista irrompere
L'ellenia gioventù,
E sui tremendi valichi
D'Oeta, erto, col folgore
Negli occhi, entro la mischia
Esultando, terrifico ,
Lèonida starà.
O divine Termopili,
Immensa ara di martiri!
O Salamina, o Micale !
Oh portenti! Oh memorie!
Oh Grecia ! Oh libertà !
II
Riedan quei dì! — Tornàr quei giorni. Ancora
Per noi tornàro. Ei son più lustri. Ed ora ,
Più provvida e sagace,
L'itala gente vuol blandizie e pace.
Tuffa nei gorghi del piacer l'eletta
Corinzia coppa e a tracannar si affretta,
Chè fuggitivo è il bello,
E impreveduto a noi s'apre l'avello.
Fin l'austera Sofia l'idalio serto
Or cinge, e il niveo seno offre scoperto;
D'ambrosia unge le chiome
Rimormorando d'Epicuro il nome !
Scuote Lieo l'amabil sistro, e, pieno
D'ebbrezza, assonna il torpido Sileno;
Alle piagge fiorite,
Saettando i lascivi occhi, Afrodite
Torna coll'aureo pomo e le amorose
Passere, torna con le ciprie rose
E col fatal suo cinto
Onde riman lo stesso Egioco avvinto.
Perle e fiori alla Dea. L'ara di Guido
Ergesi a vista sull'esperio lido:
Danzan Lidia e Glicera,
Canta e, fra i vati, il pingue Orazio impera.
Perle e fiori alla Dea. Cupida giunge,
Ed, invocata, il viril sangue emunge
Alla schiatta latina.....
Frine è la musa, e Taide è la regina !
Van furibonde, van pei verdeggianti
Saturnj colli Menadi e Baccanti
Che, fra l'orgie devote,
Assordan l'etra di selvagge note
I crotali agitando. — Oh veramente
Questa è l'Italia che rifulse in mente
Già dei sepolcri al bardo,
Al ligure fuggiasco e al gran Nizzardo!
Che cercan mai gli spiriti severi
Di quei morti? Che vuoi povero Speri?
Oh dormite, dormite...
Passò stagion d'insane opere ardite.
Altri tempi. Di senno inclito abbonda
La nuova età. Fra scettica e gioconda
Ella computa e dice:
Abborro i sogni.Quel che giova 'ei lice.
L'utile è dio, meta il piacer, l orgoglio
Unico fregio, il ver menzogna, il broglio
Sol degli onor la via,
La gloria un scherno, la virtù follia !
Follia?... Ma Villa Glori arde qual fido
Astro, ma tuona di Mentana il grido,
Ma sul volto mi sento
Soffiar di Quarto e di Milazzo il vento;
Ma il Gianicolo veglia, e Gibilrossa
Mormora, e sbuca, pur di sangue rossa,
Dei martiri la schiera.....
Ma, faro immenso, a noi splende Caprera.
E salgo il giogo erto d'Eufemio e tendo
Al conscio eco gli orecchi.
Odo il tremendo Cozzo e il clamor dei Mille....
Lancio il mio canto, e suscito faville.