Poesie italiane/Per monaca III

In morte del marchese Scipione Maffei

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In morte del marchese Scipione Maffei
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PER MONACA





Non così ricca in Oríente appare
La Dea, che al nuovo dì schiude le porte,
Quando, lasciando il gelido consorte,
4Carca di perle, e d’ostri esce del mare;

     Come costei, che sì dimessa pare
A le viste mortali inferme e corte;
Cui rozze bende ad umil capo attorte
8Son più che gemme, prezíose e care.

     Ned altra esser già può saggia fanciulla,
Che del celeste sposo oda la voce:
11Qual prode, o Grandi? il correr vostro è nulla.

     Ben fa miglior cammin quella feroce,
Che mi seguì dal latte, e da la culla,
14E sola meco salse in su la croce.

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Non, tra le figlie di Sionne, in vano
Io sì bel grido di beltà diffondo;
Che così ’l corpo io serbo intatto e mondo,
18Come il trassi da pria fuor del Giordano.

     Ivi mi specchio, e di mia propria mano,
D’oliva, e gigli, e rose il crin circondo;
E se alcuno mi loda, io gli rispondo:
22Cotal mi fece il regnator sovrano.

     Quindi ei ne l’amor mio tosto s’invesca:
Ma perchè di ciò a lungo io non mi vante,
25De le mie suore alcuna a sè lo adesca.

     Io non però di là muovo le piante;
Se a talun vagheggiarmi non incresca
28Con affetto di sposo, e non d’amante.