Poesie (Parini)/VIII. Sonetti/II. Sonetti non datati/Sonetti per nozze
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SONETTI PER NOZZE
CII
IL MATRIMONIO
Al dottore Giovanmaria Bicetti de’ Buttinoti! (?).
Perché nel mar di procellosa vita
men dubbia guidi la sua fragil nave,
natura, all’uom, valido schermo addita
nel sano maritai giogo soave.
Ma qual, Bicetti, di si larga aita
avran pro le vulgari anime ignave,
se fra gli sposi ogni virtú sbandita
han de la nostra etá le usanze prave?
Ride l’Italia prostituta e serva,
se nobil cor la prisca fé rammenta,
e al talamo nuzial sue leggi serva.
Rida la stolta, e i mali suoi non senta;
ma vegga insiem, come in te avvampi e ferva
quell’aurea face che negli altri è spenta.
CIII
AD UNA SPOSA
Gentil donzella, che a marito andate
con un bel viso e delle doti assai;
e, quel ch’è il meglio, ricca d’onestate,
mercatanzia rarissima oggi mai,
voi allo sposo un capitai portate
da rendervi a lui cara sempremai,
contro al costume de la nostra etate,
che i letti maritali empie di guai.
A lui dolci saran l’auree catene
onde lega Imeneo, Morte discioglie;
voi farete mentir quell’uom dabbene,
che due buon giorni diede a que’ c’han moglie
l’uno quando la sposa a casa viene,
l’altro quando il becchin poi se la toglie.
CIV
UNO SPOSO BEATO
Oh beato colui che può innocente
nel suo letto abbracciar la propria sposa,
ed amoroso insieme e continente
coglier con parca man la giovin rosa:
e veder poi da! suo desire ardente
sorger prole robusta e graziosa;
e coltivar la tenerella mente
al vero, al giusto, ad ogni onesta cosa:
indi vedersi ornar ambeduo i sessi
di senno, di valore e di virtuti,
utili a gli altri ed utili a sé stessi;
e udire alfin, ne gli anni suoi canuti,
benedir da la patria i casti amplessi
che si forti le dièr schermi ed aiuti.
CV
PER LE NOZZE DI GIOVANNINA DILETTI E DI PIO MARTINI
Tra il popol folto Amor v’udi, dolenti
note temprando col canoro petto,
tutti invocar contro il troiano i venti,
tentato invan col lusinghiero aspetto:
e mal soffrendo che con falsi accenti
un caldo non ancor sentito affetto
finger sapeste alle sedotte menti,
qual se gemesse il cor in lacci stretto,
dall’infallibil arco un dardo sciolse,
che ratto venne e il vostro cor trafisse
e il finto fuoco in sacro ardor rivolse.
Poscia agli attenti spettatori altero
additò la ferita ed: — Ecco,—disse,—
come talor lo scherzo adombri il vero. —
CVI
PER UNA SPOSA
1.
Precorre Imene, e rende luminosa
la sacra stanza de’ piacer novelli;
e rugiada freschissima odorosa
da le rose gli piove su i capelli.
Amore, armato sol d’aurei quadrelli,
guida la verginella paurosa;
ed ella, chini i suoi due occhi belli,
sopra lui mollemente si riposa.
Amor sorride, e le accenna col dito
il loco ove sará madre d’eroi;
ella, a quel cenno, palpita ed arrossa.
Serba quel bel pudor, vergin commossa,
se il letto geniale ognor gradito
al caro sposo e a te serbar tu vuoi.
CVII
2.
O tardi alzata dal tuo novo letto,
lieta sposa, a lo speglio in van ritorni,
e di fiori e di gemme in vano adorni
e di candida polve il crin negletto.
La diva che al tuo sposo accende in petto
fervide brame onde bear suoi giorni,
vuol che piú volte oggi lo speglio torni
a rinnovare il tuo cambiato aspetto.
Ecco, a la bella madre Amore addita
l’ombra che ad or ad or sul crin ti viene
la dissipata polvere seguendo:
e pur contando su le bianche dita
e fiso ne le tue luci serene,
guarda vezzosamente sorridendo.
CVIII
A VENERE PER LE NOZZE DI NICE
O bella Venere, per cui s’accende
la vergin timida al primo invito
d’Amore, e il giovane caldo ed ardito
a la dolcissima palma contende;
questa a te candida zona sospende
Nice, or che al talamo vien del marito,
male opponendosi: e sul fiorito
letto con trepido ginocchio ascende.
Tu in cambio donale l’amabil cinto,
caro a’ bei giovani e a le donzelle,
onde il tuo morbido fianco è distinto.
In esso e i fervidi baci, e le belle
carezze, e i teneri susurri, e il vinto
pudor di querule spose novelle.
CIX
INVOCAZIONE A VENERE
Scendi propizia dall’ardente sfera
ove tu brilli a i fortunati amanti,
figlia del mar, che co’ tuoi lumi santi
spesso rallegri ancor Pafo e Citerá.
Vieni e corona il caldo amor, la intera
fede di queste due alme costanti.
Non sai quanti sospir sparsero e quanti
nel desiar questa beata sera?
Profano giá de gli uomini consiglio
non è il bel nodo. Ah! di sua man, gioconda
madre, lo strinse il tuo celeste figlio.
Vieni e t’assidi su la destra sponda
del talamo felice: e, dal bel ciglio
versando i dolci rai, l’ardi e feconda.