Poesie (Parini)/VI. Versi sciolti/VI. Al consigliere barone De Martini
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VI
AL CONSIGLIERE BARONE DE MARTINI
Signor, poi che degnasti a i versi miei
dar si benigna lode, a che li rendi
tosto che Ietti? e chiara sede nieghi
al lor breve volume in fra i molt’altri
5che buon giudice aduni o che felice
autor descrivi? Al vulgo in pelli adorne
piace i libri ammirar; ma tu non curi
specie o colori, ape sagace intenta
solo i dolci a sorbir celati sughi,
10Forse delle dottrine alte e severe,
che a te forman tesoro, indegni credi
questi miei scherzi? No. Tuo senno intègro
non vieta espor l’utile e il ver scherzando.
Spesso gli uomini scuote un acre riso:
15ed io con ciò tentai frenar gli errori
de’fortunati e degl’illustri, fonte
onde nel popol poi discorre il vizio.
Né paventai seguir con lunga beffa
e la superbia prepotente e il lusso
20stolto ed ingiusto e il mal costume e l’ozio
e la turpe mollezza e la nemica
d’ogni atto egregio vanitá del core.
Cosí, giá compie il quarto lustro, io volsi
l’itale Muse a render saggi e buoni
25i cittadini miei: cosí la mente
io d’Augusto prevenni; a cui, se in mezzo
all’alte cure, de’ miei carmi il suono
salito fosse, a la salute, a gli anni
<poem> onde son grave, avrei miglior sostegno; 30e al termin condurrei la impresa tela. Dunque, o signore, a la tua man concedi che rieda il mio volume; ond’altri veggia che, se tu dotto vi lodasti alcuno pregio dell’arte, la materia e il fine 35tu, consultor del trono, anco ne approvi.