Poesie (Parini)/IV. Le odi/I. La vita rustica

I. La vita rustica

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I

LA VITA RUSTICA

(Su la libertá campestre)

[1758?]

     Per che turbarmi l’animo,
o d’oro e d’onor brame,
se del mio viver Atropo
presso è a troncar lo stame?
5e giá per me si piega
sul remo il nocchier brun
colá donde si niega
che piú ritorni alcun?
     Queste che ancor ne avanzano
10ore fugaci e meste,
belle ci renda e amabili
la libertade agreste.
Qui Cerere ne manda
le biade, e Bacco il viri:
15qui di fior s’inghirlanda
bella Innocenza il crin.
     So che felice stimasi
il possessor d’un’arca
che Pluto abbia propizio
20di gran tesoro carca:

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ma so ancor che al potente
palpita oppresso il cor
sotto la man sovente
del gelato timor.
     25Me non nato a percotere
le dure illustri porte
nudo accorrá, ma libero,
il regno de la morte.
No, ricchezza né onore
30con frode o con viltá
il secol venditore
mercar non mi vedrá.
     Colli beati e placidi
che il vago Èupili mio
35cingete con dolcissimo
insensibil pendio,
dal bel rapirmi sento
che natura vi diè;
ed esule contento
40a voi rivolgo il piè.
     Giá la quiete, a gli uomini
si sconosciuta, in seno
de le vostr’ombre apprestami
caro albergo sereno:
45e le cure e gli affanni
quindi lunge volar
scorgo, e gire i tiranni
superbi ad agitar.
     Qual porteranno invidia
50a me che, di fior cinto,
tra la famiglia rustica,
a nessun giogo avvinto,
come solca in Anfriso
Febo pastor, vivrò;
55e sempre con un viso
la cetra sonerò!

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     Inni dal petto supplice
alzerò spesso a i cieli,
si che lontan si volgano
60i turbini crudeli:
e da noi lunge avvampi
l’aspro sdegno guerrier,
né ci calpesti i campi
l’inimico destrier.
     65E te, villan sollecito,
che per nov’orme il tralcio
saprai guidar, frenandolo
col pieghevole salcio:
e te, che steril parte
70del tuo terren di piú
render farai, con arte
che ignota al padre fu:
     te co’ miei carmi a i poster
farò passar felice:
75di te parlar piú secoli
s’udirá la pendice.
Sotto le meste piante
vedransi a riverir
le quete ossa compiante
80i posteri venir.
     Tale a me pur concedasi
chiuder, campi beati,
nel vostro almo ricovero
i giorni fortunati.
85Ah quella è vera fama
d’uom che lasciar può qui
lunga ancor di sé brama
dopo l’ultimo dí!