Poesie (Fantoni)/Odi/Libro II/XIX. A Giuseppe Bencivenni, giá Pelli
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XIX
A Giuseppe Bencivenni, giá Pelli
(1784)
Folle s’inalza su cerate penne,
Pelli, chi Artino d’emular procaccia:
nome infelice, piomberá nell’onda
pallido in faccia.
5Artino è un fiume, che nel vasto letto
lucido scorre fra la ripa erbosa,
e in vitreo lago dopo lungo corso
cheto riposa.
Degno d’alloro, se il roman coturno
10calza nel canto e l’armonia protegge,
se nei soavi numeri si perde
privi di legge,
o di Megacle pel cretense amico
canti la pugna nella polve elea,
15il rege offeso, generosa Argene,
mesta Aristea;
o spinga armato, per salvar la sposa,
Timante i riti a profanar del tempio;
o renda Arbace alla pietá dei figli
20nobil esempio;
o pianga Ciro, o Cleonice additi
d’amor, di gloria fra i pensier divisa,
o fissi eterno nell’austriaco cielo
l’astro d’Elisa.
25Cigno dircèo va fra le nubi a volo:
tanto io non posso picciol ape alzarmi;
formo ingegnoso, depredando i fiori,
miele di carmi.
Pinga Corazza degli eroi le gesta,
30il tardo Ibèro all’Algerin nemico,
d’Augusto il genio, la canuta fama
di Federico,
l’Anglo discorde, che, fremendo bieco,
la pensilvana libertá rimira
35e la temuta, su le palme assisa,
russa Semira.
Dalla mia cetra nascono sospiri
di donzellette per amor gelose
e, sogghignando, scopronsi notturni
40furti di spose.
Or vi s’aggira fra le corde il nome
di Fille bianca, di Cairba figlia,
azzurra i lumi, rannodata il crine,
bionde le ciglia,
45dagl’insidiosi languidetti sguardi,
dalla soave verginal favella,
dal lieto volto, su di cui sorride
l’anima bella.