Poesie (Fantoni)/Odi/Libro II/IV. Al contadino di.....
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IV
Al contadino di....
(1779)
Se le supine mani, industre Corilo,
della nascente luna al raggio pallido
al cielo inalzerai di fé non povero,
non di libeccio sentirá pestifero
5la pregna vite, né l’edace ruggine
la bionda mèsse, o la maligna nebbia
la dolce prole dell’autunno prodigo,
dello sterile inverno aurea delizia.
Se l’anno, avaro per dannosa pioggia,
10o per l’ardente d’instancabil borea
soffio infecondo, d’alcun frutto vedova
lascia la terra, non tentare indocile,
con indiscreti desidèri e queruli,
l’alto motore, che benigno e provido
15diede al creato eterno moto ed ordine,
e sa che il campo, che coltivi, sterile
pel doppio frutto, che ti diede, debole
chiede riposo, onde l’antico prendere
vigor perduto e ricolmare gli ampii
20tini di Bacco ed i granai di Cerere.
Godi il presente e del futuro lascia
al ciel la cura, e allor che a sera riedere
brami dal solco all’abituro rustico
coi stanchi bovi, che col collo languido
25van strascicando rovesciato il vomere,
assiso a mensa con la sposa e i garruli
fanciulli, il Dio de’ padri tuoi ringrazia,
che benedice i tuoi sudori e degnasi
sopra i tuoi campi l’abbondanza spargere,
30casta serbar la tua famiglia, e pascere
te con gli armenti, e far che serva l’umida
notte ai tuoi voti, ed il calor del vivido
astro del giorno a fecondare i teneri
germi viventi delle cose, e a stenderne
35le gonfie vene ed i crescenti muscoli.
Così, dai figli e dai nipoti amabili
cinto, sedeva il buon cultore elvetico,
Kiliogg canuto, a parca mensa, e candida
sul crespo volto sorrideva l’anima.
40Così, narrando di natura i semplici
portenti, vòlte al ciel le luci, placido
cadde dei figli, de’ suoi figli in braccio.
In mezzo ai campi che fe’ ricchi, or giacciono
l’ossa del saggio e la di lui memoria
45serve agl’industri agricoltor d’esempio.