Poesie (Fantoni)/Odi/Libro I/XLII. Per le nozze del marchese Carlo...
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XLII
Per le nozze del marchese Carlo Rosa
con Giuseppa Caracciolo
(179O)
Non piú guerra; pietá, figlio di Venere,
occhi-bendato arciero:
non son, qual era, della facil Chiara
sotto il soave impero.
L’ottavo lustro omai comparve a svellermi
l’inaridite chiome,
e della gloria giovanil mi restano
solo il rimorso e il nome.
Non vile atleta alle pareti idalie
appesi l’armi in voto;
or del Rosaro su l’arato margine
vivo alle Grazie ignoto.
Se preda brami di te degna, additala
alle tue frecce Imene,
che ti chiama a recar le faci pronube
su le sebezie arene.
Scegli un dardo soave, all’infallibile
con le maestre dita
arco l’adatta, e il cor di Rosa lacera
con profonda ferita.
Poi, sorridendo, della conscia vergine
t’assidi in grembo, desta
eguale incendio nel suo petto, e il talamo
impaziente appresta.
25Sposi telici, ove piú il bosco è tacito,
t’innalzeranno altari,
e i loro voti, i sacrifici, i palpiti
sempre ti fian piú cari.
Quando dal mar tremante il raggio languido
30fugge, e la notte bruna
cade sui monti e in vetta al colle assidesi
la taciturna luna,
vedrai la coppia indivisibil riedere
all’avito soggiorno,
35e i figli, al padre ed alla madre simili,
pargoleggiarle intorno.
Ma ancor non parti? e all’arco e a me volubili
bieco rivolgi i rai?
Il nervo tendi! incocchi il dardo!... Ah! perfido,
40senti... Ferma... che fai?
Ah! son ferito, il piè mi manca, gelida
mano mi stringe il core.
Fille, soccorso! dove sei?... Che veggio?
Chi mi soccorre è Amore.