Poesie (Fantoni)/Odi/Libro I/XIV. A Giorgio Viani
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XIV
A Giorgio Viani
(1783)
Ozio agli dèi chiede il nocchier per l’onde
del vasto Egeo, se il ciel fremendo imbruna,
se negra nube minacciosa asconde
gli astri e la luna.
5Ozio, Viani, chiede il Medo e il Trace,
ozio il cultore dell’eoe maremme;
ma, oh Dio! non ponno comperar la pace
l’oro e le gemme.
Onor, ricchezza a dissipar non vale
10gli aspri tumulti dell’umane menti
e le volanti per le regie sale
cure frementi.
A parca mensa vive senza affanno
chi cibi in vasi savonesi accoglie,
15né i cheti sonni a disturbar gli vanno
sordide voglie.
Che mai cerchiamo, sconsigliati, quando
son pochi i lustri della nostra etade?
Cangiar che giova, della patria in bando,
20clima e contrade?
Sale la nave, del destrier sul dorso
con noi la cura torbida si asside,
agil qual cervo e piú veloce in corpo
d’euro che stride.
25Godi il presente, l’avvenir trascura,
soffri gl’insulti dell’avverso fato:
non puote il figlio della polve impura
esser beato.
Nei dì robusti l’Alessandro sveco
cadde, Vittorio illanguidì vecchiezza:
me oblia la morte, mentre forse è teco
tutta fierezza.
A te sorride per la spiaggia erbosa
Flora, e le mèssi piú d’un campo aduna,
e presto in dote recherá una sposa
nuova fortuna:
lo spirto tenue del latino stile
a me la Parca consegnò benigna,
ed insegnommi a disprezzar la vile
turba maligna.