Poesie (Fantoni)/Odi/Libro I/VI. Al merito
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VI
Al merito
Per il marchese Giuseppe Pinelli-Salvago,
governatore di Sarzana
(1782)
Cadde Minorca; di Crillon la sorte
ride superba fra le sue ruine:
sprezza di Gade su l’erculeo fine
Elliot la morte.
5Del Giove ibero al fulminante orgoglio
Calpe resiste, e all’ire sue risponde,
come al canuto flagellar dell’onde
marpesio scoglio.
Washington copre dai materni sdegni
10l’americana libertá nascente:
di Rodney al nome tace il mar fremente,
temono i regni.
Hyder sen fugge; sui trofei britanni
siede Coote, ma le schiere ha pronte:
15crollano i serti su l’incerta fronte
d’Asia ai tiranni.
Altri ne canti le guerriere gesta,
a me le corde liriche ineguali
orror non scuote con le gelid’ali
20d’aura funesta.
Tessere aborro su pietosa lira
un inno lordo di fraterno sangue;
sento i singulti di chi piange e langue,
e di chi spira.
25Non crescon palme sul castalio rivo,
né il fertil margo alto cipresso adombra:
protegge i vati con la docil ombra
palladio ulivo.
Venite al rezzo de’ bei rami suoi,
30della natura difensori augusti:
non gli ebri duci di rapine onusti,
voi siete eroi!
Con voi l’amico presso me si assida,
caro all’amore delle sergie genti:
35giá eternatrice per le vie dei venti,
Fama lo guida.
Cinger gli voglio l’onorate chiome,
e, dove morte saettar non puote,
oltre il confine dell’etá remote
40spingerne il nome.
A lui sul volto candida traluce
l’anima bella che racchiude in petto,
né la percuote di malnato affetto
torbida luce.
45Prudenza il guida ne’ dubbiosi eventi,
che nel futuro con cent’occhi guarda,
pronta nell’opre, ne’ giudizi tarda,
parca d’accenti.
Il braccio gli arma di severe pene
50Giustizia, ai doni e alle preghiere sorda:
seco è Pietade, che le offese scorda,
l’ire trattiene:
Pietade, figlia di sventure, a cui
deve i costumi placidi e soavi,
55più che agli esempi e allo splendor degli avi
raccolti in lui.
Né spargo i versi di mentita frode,
né schiavo rendo il libero pensiero:
sacra a me stesso e all’immutabil vero
60è la mia lode.
Me non seduce l’amistá, non preme
bisogno audace, né venal timore;
stolta non punge d’insolente onore
avida speme.
65Libero nacqui: non cangiò la cuna
i primi affetti: a non servire avvezzi,
sprezzan gli avari capricciosi vezzi
della fortuna.