Poesie (Fantoni)/Idilli/V. La morte di Misi
Questo testo è completo. |
◄ | Idilli - IV. Il lampo | Idilli - VI. Il temporale | ► |
V
La morte di Misi
1
Sotto concava rupe, ove, gemente,
dal monte delle palme, procelloso,
nella valle precipita il torrente,
Misi tessuto avea di giunco algoso,
dove nascea da raso tufo un fonte,
umil capanna sul pendio del monte.
2
Quivi veduto aveva il sol con gli anni
sei volte dieci ricondurre il giorno,
né mai la noia o gl’inquieti affanni
spiegâro il pigro volo a lui d’intorno:
nella povera sua beata sorte
godea la vita e non temea la morte.
3
La lunga barba gli scendea sul petto,
e sparso su le spalle il bianco crine;
sul venerabil amoroso aspetto
e della calva fronte in sul confine
regnavan l’innocenza ed il candore,
ed eran gli occhi suoi nunzi del cuore.
4
L’ultimo giorno omai si appressa. Ei sente
che la fatal necessitá lo preme:
la capanna abbandona, egro e languente
chiama in soccorso le sue forze estreme;
su nodoso bastone incurva il passo,
e sale alfin dov’ha la meta il sasso.
5
Ivi giunto, si asside. Orrida notte
su l’ali tenebrose ecco si stende;
dal fulmine trisulco in squarci rotte
fremer le nubi e mormorar s’intende,
ed al rumor dei tuoni alto stridenti
crollan le rupi e van mugghiando i venti.
6
Misi tranquillo ride e sovra il volto
gli balena del cuor la calma usata:
il bianco capo, fra le nubi involto,
la sottoposta valle e il monte guata,
e nel sordo fischiar della procella,
piú tranquillo del ciel, cosí favella:
7
— Fra i lampi assisa e le bufere in trono,
quanto, o Natura, maestosa sei;
su l’ali negre del temuto tuono
ti consegno contento i giorni miei:
quali in pegno da te, le luci aprendo,
gli ebbi puri e innocenti, io te li rendo.
8
Vano desio non ne turbò la pace,
né voglia avara di comprato onore;
quello che è giusto e ver, quel ch’è fallace
conoscere mi fece il genitore,
che, allor che il figlio aveva istrutto a pieno,
me lo rapisti e lo stringesti al seno.
9
Noto a me stesso e a te, dell’universo
sprezzai le cure e resi al cielo omaggio:
a contemplarti ogni pensier converso,
vissi felice, e morirò qual saggio,
che maggiore di sé nell’ore estreme
il viver prezza, ma il morir non teme. —
10
Disse: e i suoi detti involse vorticoso
turbo improvviso, onde mugghiar le cupe
voragini del monte rumoroso
e, in due divisa, ne crollò la rupe.
Tacque il fragor dei venti, e il fosco velo
il sol disperse e fe’ ritorno in cielo.
11
Rispettato, ove pria sedeva ancora,
Misi dal rio furor delle tempeste;
ma l’alma grande, omai fuggita fuora
della spoglia mortal, che la riveste,
lungi dall’aer pigro, al patrio polo
per i campi del ciel spiegava il volo;
12
quand’ecco giunser su l’eccelse cime
due aquile e rapîro il freddo busto,
e dove il monte men sorgea sublime
frenâro il corso breve in loco angusto;
fêro al terren coi curvi artigli guerra,
gli aprir la tomba e lo coprîr di terra.