Poesie (Campanella, 1938)/Scelta di alcune poesie di Settimontano Squilla/5. Anima immortale

5. Anima immortale

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Anima immortale

Di cervel dentro un pugno io sto, e divoro
tanto, che quanti libri tiene il mondo
non sazian l’appetito mio profondo.
Quanto ho mangiato! e del digiun pur moro!
D’un gran mondo Aristarco e Metrodoro
di piú cibommi, e piú di fame abbondo;
disiando e sentendo, giro in tondo;
e quanto intendo piú, tanto piú ignoro.
Dunque immagin sono io del Padre immenso,
che gli enti, come il mar li pesci, cinge,
e sol è oggetto dell’amante senso;

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cui il sillogismo è stral, che al segno attinge;
l’autoritá è man d’altri; donde penso
sol certo e lieto chi s’illuia e incinge.

In questo sonetto parla l’anima, e riconosce se stessa immortale ed infinita, per non saziarsi mai di sapere e volere, onde conosce non dalli elementi, ma da Dio infinito essa procedere; a cui s’arriva col sillogismo, come per strale allo scopo, perché dal simile effetto alla causa si va lontanamente; s’arriva con l’autoritá, come per mano d’altri si tocca un oggetto, ancora che questo sapere sia lontano e di poco gusto. Ma solo chi s’illuia, cioè chi si fa lui, cioè Dio, e chi s’incinge, cioè s’impregna di Dio, vien certo della divinitá e lieto conoscitore e beato: perché è penetrante e penetrato da quella. «Illuiare» ed «incingersi» son vocaboli di Dante, mirabili a questo proposito.