Poesie (Campanella, 1915)/Scelta di alcune poesie di Settimontano Squilla/23. Al Primo Senno. Canzone I

23. Al Primo Senno. Canzone I

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23. Al Primo Senno. Canzone I
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23

Al Primo Senno

CANZONE I

madrigale i

Illustra, o Primo Senno, il senno mio
tu che inspiri il sapere all’universo,
come dal Primo Amore
e dal Primo Valore
vien ogni possa e voglia: tu il mio verso
fa’ di te degno e del mio gran desio.
Che se necessitate
influsso è di Possanza
e di Amor armonia,
da te dipende il fato e l’ordinanza.
Tu reggi amor, guidi la potestate
ed ogni ierarchia,
tu, giudice ed autor di veritate.

In questo primo madrigale della prima canzone fatta alla Sapienza Eterna e’ l’invoca, e la chiama «Primo Senno», donde tutto il saper degli enti deriva, perché l’autore scrisse ch’ogni cosa [p. 31 modifica]sente piú o meno, quanto basta alla sua conservazione, come appare da’ libri De sensu rerum. E, perché nella sua Metafisica pone tre proprincipi dell’essere, Possanza, Senno, Amore, da’ quali ogni potere e sapere ed appetito viene agli enti secondi; e da questi proprincipi nasce la necessitá dalla Potenza, il fato dalla Sapienza e l’armonia dell’Amore, e son chiamate «influenze magne»: però col suo influsso onora la Sapienza invocata, e le dice ch’essa regge Amore, perché senza lei è cieco, ed essa guida la Possanza, che senza lei non produce, ma strugge le cose. E s’è provato in Metafisica che queste primalitá si trovan l’una nell’altra, benché procedan l’una dall’altra.

madrigale 2

Era il Senno degli enti da principio,
ed era appresso Dio, era Dio stesso,
sì come era il Potere
e l’Amor, che tre vere
preminenze dell’essere io confesso,
degli enti tutti un interno principio,
onde ogni parte e tutto
puote, ed ama, e conosce
essere ed operare;
segue le gioie e fugge dall’angosce;
strugge il nemico, per non esser strutto,
e ’l simil fa cercare:
da che fu il mondo in ordine ridutto.

Mostra che ’l Senno è eterno, ed è Dio, e quel che l’Evangelio chiama «Verbo di Dio». E che ’l potere e ’l volere sono in Dio eterni ed un essere, e ch’ogni ente partecipa di queste tre primalitá o preminenze internamente, sia semplice o sia composto, secondo appare in Metafisica. Poi lo mostra dall’azioni e passioni, e simpatie ed antipatie, che le cose sentano. E che dal senso vien distinto il mondo. Il fuoco va in suso, perché sente il cielo amico, e fugge la terra, sentita da lui per nemica; e le cose terrestri vanno a basso; ed ogni simile al suo simile e fugge il contrario. Talché [p. 32 modifica]disse il vero Anassagora che l’intelletto distingue il caos: ché, se le cose non partecipassero da lui il sentimento, tutte si fermerebbono dove sono; e non ci sarebbono moti, né azione, né passione, né generazione, senza senso di gioia e di dolore.

madrigale 3

Autor dell’universo e di sue parti
fu il Senno, a cui Natura è quasi figlia,
l’arte nostra è nipote,
che fa quel che far puote,
l’idee mirando, che la madre piglia
dall’avo, che d’un’arte fe’ tante arti.
Però sé sente ed ama
per essenza e per atto
ogn’ente, e l’altre cose,
in quanto sente sé mutato, e fatto
quelle per accidente. Indi odia e brama
chi a male o ben l’espose.
Tal che il mutarsi in noi «saper» si chiama.

Dio, Primo Senno, mirando nelle sue idee, fece tutti gli enti. La Natura, ch’è arte divina inserta nelle cose, è figlia del Senno; e però, mirando all’idee di quello, essa fa le cose naturali. L’arte nostra, ch’è natura estrinseca, fa le cose artificiali, mirando all’idee espresse dalla Natura sua madre, insegnata dal Senno, suo avo, che fece tante arti, cioè naturali e postnaturali. Talché ogni ente naturale conosce se stesso ed ama se stesso di conoscimento ed amore interno e segreto, e poi ama le altre cose e le sente, in quanto sente se stesso mutato in quelle; perché il sentire è passione, secondo Aristotile e ’l Telesio. Ma Aristotile vuol che sia total informazione; Telesio poca immutazione: donde si giudica il tutto poi per sillogismo subitaneo. L’autore vuol che sia essere, e che ’l patire e l’immutarsi servano a far che la virtú conoscente sia esso oggetto, e così lo conosce e giudica. E, perché non si fa del tutto quello, però debolissima è la conoscenza nostra, corta e lontana.
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madrigale 4

Ma non del tutto, ché saría morire
in sé e farsi altro, come legno fuoco.
Ma di poca mutanza
si nota, per sembianza
che il resto è, addoppiando molto o poco.
Dunque saper discorso è del patire.
Ma lo Senno Primero,
che tutte cose feo,
tutte è insieme, e fue:
né, per saperle, in lor si muta Deo,
s’egli era quelle giá in esser piú vero.
Tu, inventor, l’opre tue
sai, non impari; e Dio è primo ingegniero.

Séguita a dire che ’l sentire non è mutarsi totalmente, ché questo sarebbe morte, ma che sia percezione di poca mutazione, dalla quale poi argomenta il tutto, come dal poco calor, che ci imprime il sole, argomentiamo della sua possanza, e poi da ogni simile il suo simile. E questo discorso è sentire nel simile o nella parte in quanto simile, come scrisse in primo Metaphysicae. Poi dice che Dio, sendo fattor di tutte le cose, è in sé tutte cose eminentemente e idealmente; talché, per saperle, non gli bisogna mutarsi in esse, come facciamo noi, ché giá è esse. E ’l suo sapere è atto senza passione e senza discorso. E lo rassomiglia all’inventor d’una cosa, ch’e’ non impara da altri, ma altri da lui, dopo ch’è fatta. Se ben l’ingegniere umano mira nella Natura, pure, rispetto alli uomini, è autore primo. Ma Dio è primo ingegniere avanti la Natura: però sa il tutto, l’insegna e non l’impara.

madrigale 5

Come le piante al suolo, i pesci all’acque,
le fiere all’aria, e li splendori al sole
han sí continovate
le vite, che, staccate,

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si svanisce il vigor, riman la mole:
cosí al Senno Primo unito nacque,
come è bisogno e quanto
per conservarsi, ogn’ente
con piú o manco luce;
e, da lui svélto, ignora, muore e mente:
né si annullando e variando manto,
quel che può, si riduce,
come ogni caldo al sole, al Senno santo.

Tutti gli enti sono uniti al primo Ente, come gli splendori al sole, però tanto quanto bisogna a loro il senso per vivere: onde piú e meno luce ricevono; e, da quella staccati, divengon bugiardi, ignoranti ed annicchilati nell’esser ch’e’hanno; e, quando muoiono, non s’annullano, ma variano forma, e sempre si riducono all’essere, ché fuor dell’essere non possono andare. E, come il calor torna al sole, cosí il sapere d’ogni ente contende tornar al Primo Senno, onde deriva. Quis intelliget?