Pensieri e discorsi/Il fanciullino/VII

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VII.

IL FANCIULLO


A te nè le gemme nè gli ori

fornisco, o dolce ospite: è vero;
ma fo che ti bastino i fiori
che cogli nel verde sentiero,
nel muro, su le umide crepe,
6su l’ispida siepe.


Non reco al tuo desco lo spicchio
fumante di pingue vitella;
ma fo che ti piaccia il radicchio
non senza la sua selvastrella,
con l’ovo che a te mattutina
12cantò la gallina.

Per me tu non ari, o poeta,
nè vigne sassose, nè grasse
maggesi; ma dimmi se più
di vigne e maggesi s’allieta
quel cupo signore, od il passero
18garrulo e tu!

Non fragili coppe di Cina,

la lampada d’oro t’irradia;
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ma tu la tua scabra cucina

tu ami e la provvida madia;
la fiamma che lustra, tu ami,
24sui nitidi rami.

Non hai che dal ciglio ti penda,
nè paggio nè florida ancella;
ma lieta, ma grata sfaccenda
per te la tua dolce sorella;
che cinge il grembiule, e sorride;
30lo scinge e s’asside

con te... E per letto di morte,
che a tutti è sì duro e sì grave,
che cosa ti serbo, sai tu?
Oh! rose per letto di morte,
cadute dal pruno: il soave

36dolore che fu!