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— Eh, dite! donde siete passato? Avete il gomito coperto di calce e di ragnatele.

— Il gomito, mormorò egli un po’ turbato. To’ è vero... un po’ di sudiceria. Me la sarò buscata scendendo le scale di sa mia.

Parecchie persone se n’andavano, era*quasi là mezzanotte; de servi tiglievano senza rimiore le tizze vuoto ed’i piatti i pasticcini dalle tavole. Davanti al cammino, le sîgnore’ vevano riformato e ristretto il loro circolo, ciarlando con iù- confidenza nel langùore di quell’ultim’ora di veglia. Per-.

la sala sembrava sonnecchiare; delle ombre lente sceriano lumgo le pareti.

Ailora Fauchery parlò d’andarsene, ma s’obbliò di nuovo guardar là contessa Sabina.

Questa si-riposava -delle sue cure di padrona di casa, al o solito posto, muta, gli occhi fissi sur un tizzo che si conmava in brage, il viso così bianco e impenetrabile, ch’egli a ripreso dal dubbio.

Allà luce del faoco, i peli neri del neo che essa aveva in angolo delle labbra, si facevano biondi: era assolutainte il neo di Nana, perfino nel colore. Ei non potè trat.

gersi dal farne motto all’orecchio di Vandeuvres. Era proio vero. Questi non l’aveva mai notato, ed entrambi con-uarono il parallelo fra Nana e la contessa. PS Trovarono loro una vaga somiglianza nel mento e nella ceca. Ma gli occhi erano assai diversi. Poi Nana aveva.

cin da buona, mentre dalla contessa non si poteva indosai nulla, la si sarebbe dettà una gattina dormente, le une nascoste, e le zampe agitate da un fremito nervoso.

— Con tutto ciò un boccone ghiotto! dichiarò Fauchery.

Vandeuvres la spogliava collo sguardo.

— Si, perfettamente., disse; ma, sapete, non ho troppa icia nelle sue coscie. Vélete scommettere che non-ha coscie?

li tacque. Fauchery gli urtava forte nel gomito, additan i li Estella, seduta su d’’uno sgabbello, davanti a loro: aver o alzata la voce senza badarlé, ed essa doveva averli uditi; n © rimaneva stecthita, immobile, col suo collo scarno di azza cresciuta troppo in fretta, su cui non un piccolo