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il marchese di Chouard entrava in quella e tutti gli s’affret tarono incontro. S’era, inoltrato a stento, la gambe flosce, e restava in.mezzo alla sala, livido, battendo le palpebre come se uscisse da qualche viuzza buia, e la luce delle lampade lo abbagliasse.

— Non isperavo più di vedervi, padre mio, disse la col tessa; sarei stata in pena fino a domani.

Egli la guardò senza rispondere, come un uomo che noX intende.

Il sno naso molto grosso nella sua faccia ben sbarhate, sembrava l’enfiagione d’un bubbone, mentre il suo labbro inferiore era cascante, la signora Hugon, vedendolo così di.

sfatto, lo compianse, piena di carità.

— Lavorate troppo: dovreste riposare. Alla nosira età con vien lasciar il lavoro ai giovani.

— Il lavoro, eh, sì! il lavoro, balbettò lui alla fine, n’hc sempre molto...

Si rimetteva, raddrizzando le spalle curve, passando una mano con gesto che gli era famigliare, sui capelli bianchi, le cui rade ciocche gli ondeggiavano dietro gli orecchi.

— A che cosa lavorate dunque così tardi? chiese la signora di Joncquoy. Vi credevo al ricevimento del ministro delle finanze.

Ma la contessa SARE — Mio padre aveva da studiare un progetto in leone:

— Sì un progetto in legge, disse questi, un progetto di legge, appunto. M’ero chiuso in camera... Gli è a proposito delle fabbbriche; vorrei che si osservasse il riposo domenicale. É vergognoso che il governo rifiuti di agire con energia.

Le chiese si vuotano, ci avviamo a delle catastrofi.

Vandeuvres aveva cambiato uno sguardo con Fauchery Tutti e due stavano dietro il marchese e lo fiatavano. Quando Vandeuvres potè prenderlo in disparte per parlargli di quella bella donna che conduceva in campagna, il vecchio ostentò la massima sorpresa. Forse lo si aveva veduto con la baronessa Decker, nella cui villeggiatura a Viroflay soleva passar qualche giorno,

Vandeuvres, per tutta vendetta, gli chiese ran