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denave, il famoso espositore di donne che le trattava da guardaciurma, quel cervello da cui eruttava sempre qualche nuova réclame, quell’omaccio che gridava, sputava, si picchiava le coscie, cinico, con uno spirito da gendarme! Ettore stimò dover cercare una frase amabile.

— Il vostro teatro.... cominciò, con vocina melata.

Bordenave l’interruppe tranquillamente, con una parola cruda da uomo che ama le situazioni chiare:

— Dite: il mio postribolo.

Allora Fauchery diè una risatina di approvazione, mentre La Faloise col suo complimento nella strozza, urtato, si studiava di aver l’aria d’aggradir la parola. Il direttore s’era scagliato a dare una stretta di mano ad un critico drammatico i cui articoli avevano grande influenza. Quando tornò. La Faloise si rimetteva. Aveva paura di passare per provinciale, se restava lì inebetito.

— Dicono, ricominciò, volendo assolutamente trovare qualcosa, che Nana ha una voce deliziosa.

— Lei! esclamò il direttore stringendosi nelle spalle. Una vera cagna.

Il giovinotto s’affrettò a soggiungere:

— In ogni modo è ottima attrice.

— Che! Un fantoccio! Non sa dove mettere mani e piedi.

La Faloise arrossì leggermente. Non ci capiva più nulla; allora balbettò:

— Per niente al mondo avrei voluto perder questa serata. Sapeva che il vostro teatro....

— Dite il mio postribolo, interruppe di nuovo Bordenave con la fredda ostinazione d’un uomo convinto.

Fauchery, il quale, molto pacato, guardava le donne che entravano, venne in aiuto al cugino, quando lo vide a bocca aperta, in dubbio se dovesse ridere od andare in collera.

— Eh! via, contentalo, chiama il suo teatro come vuol lui. E voi, caro, non ci trattate da gonzi. Se la vostra Nana non canta e non recita, farete un fiasco, ecco tutto. Gli è, del resto, quello che temo.

— Un fiasco, un fiasco! sbraitò il direttore, la cui faccia si faceva paonazza. Occorre forse che una femmina sappia