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Si chetò. Ma il vuoto della sala, la fioca luce della lumiera, quel raccoglimento da chiesa, pieno di voci bisbiglianti e quello sbatacchiar di porte, lo irritava.

— Ah! no, disse d’un tratto, qui si ammuffisce. Me ne vo.... Troveremo forse Bordenave da basso. Ci darà dei ragguagli. Giù nel gran atrio, lastricato di marmo, dove c’era il controllo, il pubblico cominciava a mostrarsi. Dai tre cancelli aperti, si vedeva passare la vita ardente dei Boulevards, fiammeggianti e brulicanti in quella tiepida e stellata sera d’aprile.

- Rimbombi di carrozze che morivano all’improvviso, sportelli che si richiudevano rumorosamente e spettatori che entravano a piccoli crocchi, fermandosi dove si consegnavano i biglietti, salendo in fondo la doppia scala, ove le donne si indugiavano, dondolandosi. Alla luce cruda del gas, sulla scialba nudità di quell’atrio di cui una gretta decorazione, stile impero, faceva un peristilio da tempio di cartone, grandi avvisi gialli si distendevano impudentemente, portanti il nome di Nanà in grosse lettere nere. Degli uomini, afferrati quasi da quegli avvisi, si arrestavano a leggerli; altri ritti, discorrevano sbarrando le porte, mentre vicino all’ufficio dei biglietti, un uomo tarchiato, dalla larga faccia sbarbata di fresco, rispondeva brutalmente alle persone che insistevano per aver posti. Ei ripeteva: — Ma se vi dico che non c’è più niente! Tutto è affittato da quindici giorni.

— Ecco Bordenave, disse Fauchery che scendeva le scale. Ma il direttore l’aveva veduto.

— Eh! siete carino, voi! gli grido da lontano. È così, eh, che me l’avete fatto l’articolo..... Ho aperto il Figaro stamane..... Nulla!.....

— Un momento! rispose Fauchery. Devo pur vederla la vostra Nana prima di parlarne.... D’altronde non ho promesso nulla.

Poi, per tagliar corto, presento suo cugino, il signor Ettore della Faloise, un giovine che veniva a compiere la sua educazione a Parigi.

Il direttore pesò il giovinotto con un’occhiata. Ma Ettore l’esaminava con commozione. Era dunque quello, il noto Bor-