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Quattro o cinque giovinotti formavano un altro gruppo - presso alla porta, ove circondavano il conte. Saverio di Vandeuvres, il quale, a mezza voce, narrava loro una storiella alquanto licenziosa senza dubbio, poichè soffocavano dalle risa.

In mezzo alla sala, tutto solo, sprofondato pesantemente in un seggiolone, un omaccio, capo divisione del ministero dell’interno, dormiva ad occhi aperti.

Uno dei giovani, avendo mostrato di dubitare della storia di Vandeuvres, costui alzò la voce.

— Siete troppo scettico, Foucarmont; vi guasterete i vostri

piaceri.

E tornò ridendo presso alle signore.

— Ultimo d’una illustre razza, effeminato ed arguto, si mangiava allora una sostanza con una rabbia d’appetito che nulla valeva a calmare; la sua scuderia per le corse, una delle più celebri di Parigi, gli costava un occhio del capo. Ogni mese le sue perdite al Circolo imperiale raggiungevano un bel numero di luigi; le sue mantenute gli divoravano, fosse buona o cattiva l’annata, una fattoria, alcune pertiche di terre di boschi, e tutto un lembo dei suoi ampii poderi di Piccardia.

— Bravo! sta proprio a voi che non credete nulla, dar dello scettico agli altri, disse Leonilda offrendole un posticino accanto a lei. Siete voi che guastate i vostri piaceri.

  1. — Appunto, rispose lui, voglio far profittar gli altri della mia esperienza.

Gli si impose silenzio; scandolezzava il signor Venot.

Allora quelle signore, essendosi scostate, lasciarono vedere, in fondo ad un seggiolone, un omiciattolo sui sessanta, con denti guasti e sorriso furbo. Egli se ne stava lì comodamente come se fosse a casa sua, ascoltando tutti e non pronunziando sillaba. Con un gesto accennò che non era scandolezzato, mentre Vandeuvres, ripreso il suo fare aristocratico, soggiungeva gravemente:.

— Il signor Venot sa benissimo che credo quello che bisogna credere.

Era un atto di fede religiosa. Leonilda, anche lei, parve soddisfatta; in fondo i giovinotti non ridevano più; il salotto s’era fatto bacchettone, non ci si divertivano più. Un soffio