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nera, di una; miatiriconia dì convento, com emrormi: pefsiane che restavario quasi sempre chiuse; dî distro, im: un lemtio di giardino umido, degli alberi erano cresciuti cercando il 8016, così settili e lunghi che se ne vedevano i rami al disopra del tetto.

Quel martedì, verso le dieci, non c’era in sala che und diecina di persone. La contessa, quando non aspettava cire gli intimi, non apriva nè la sala da pranzo, mè il salottino; così si stava più in famiglia, ciarlando accanto al fuoco. L® sila era molto ampia, molto alta; quattro finestre davano sul giardino, di cui si sentiva l’umidità in quella piovosa séra della fine d’aprile, monostante i grossi ceppi che ardevano nel camino. Il sole non vi scendeva mai; di giorno una luce verdastra rischiarava appena l’ambiente; ma la sera, quando la hamiera e le lampade erano accese, non era più che grave, 001 suo mobiglio, stile impero, di mogano massiecio, gli addobbi 6 sedili di velluto giallo a larghi rabeschi rasati. Spirava una certa dignità fredda, ricordava costumi antichi, un’era scomparsa, gsalàndo un odore di divogione.

Rimpetto al seggiolone su cui la madre del conte era morta, "un seggiolone quadrato, dalla forma stecchita, dalla stoffa dura, all’altro lato del camino, la contessa Sabina era adagiata sur una seggiola profonda, la cui seta rossa imbottita aveva

la morbidezza d’un piumino.

Era il solo mobile moderno, un cantuccio di fantasia inttodotte im quella severità e che stonava.

— E così, diceva la giovine signora, avremo lo scià di Persia...

Si discorreva dei principi che verrebbero a Parigi per TE sposiziorie.

Pareechie signore facevano circolo davanti al camtho, mentre la signora Di Joncquoy, il cui fratello diplomatico arevsa avato una missiotie in Oriente, dava dei ragguagli sulla Corto di Nazm:-Eddin.

— Siete indisposta, mia cara? domandò la signora Cante tsau, moglie d’un grosso fonditore, vedendo la contessa farsi pallida sotto un lieve brivido.