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Non avevano più pretesti. Salutarono dirigendosi verso la porta. Ma nel punto in cui stavano per uscire, il campanello echeggiò di nuovo.

Tl marchese non seppe celare un lieve sorriso, mentre una nube rendeva più scura la faccia del conte.

Nana li trattenne alcuni minuti per dar tempo a Zoè di trovar ancora un cantuccio. Non amava che si potesse scontrarsi in casa sua. Solamente questa volta la doveva essere stipata. Per cui si sentì sollevata quando vide il salotto vuoto:

Zoè li aveva dunque cacciati negli armadii?

— Arrivederci, signori, disse fermandosi sulla soglia del salotto.

E li ravvolgeva nel suo sorriso e nel suo sguardo limpido.

Il conte Muffat si inchinò turbato, malgrado la sua grande esperienza degli usi sociali, avendo bisogno d’aria, portando seco delle vertigini da quello spogliatoio, una fragranza di fiori e di donna che gli toglieva il respiro. Dietro di lui il marchese di Chouard, certo di non essere veduto, osò volgersi verso Nana col volto ad un tratto scomposto, la lingua a fior di labbro, e la guardò ammiccando.

Quando la giovane donna tornò nel gabinetto in cui Zoè aspettava con lettere e biglietti di visita, gridò ridendo ancur più forte.

— Ecco due bricconi, che mi hanno arraffate le mie cinquanta lire.

Non era in collera, no! anzi le pareva strano che degli uomini le avessero portato via i quattrini. In ogni modo era “una vera porcheria; non aveva più un soldo.

Senonché al veder le lettere ed i biglietti tornò a far il broncio. Pazienza le lettere; erano tutte di signori che dopo averla applaudita ìl giorno prima le mandavano delle dichiarazioni. Ma quanto ai visitatori potevano andarsene a spasso.

Zoè ne aveva messi un po’ dappertutto e faceva notare che l’appartamento era molto comodo, poichè tutte le stanze mettevano sul corridoio.

Non era come dalla signora Bianca, ove bisognava sempre passar pel salotto, il che aveva suscitato alla signora non poche brighe.