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fossa stata sorpresa mentre stava abbigliandosi; la pelle.anLor parida, sorridente e sgomentata in mezzo ai suoi merletti.

— Signora, disse il conte Muffat con piglio grave; voi ci perdonerete la nostra insistenza... Veniamo per una questua.

Il signore ed io siamo membri della Congregazione di Carità del Circondario.

Il marchese s’affrettò a soggiungere con molta galanteria:

— Quando abbiamo saputo che una grande artista abitava qui, ci siamo proposti di raccomandarle in modo particolare i nostri poveri.... Il talento non va mai disgiunto dal cuore.

Nana ostentava modestia. Rispondeva con lievi cenni del capo, facendo intanto rapide riflessioni. Dovova esser stato il vecchio dagli occhi birbi a condur l’altro; però non c’era da fidarsi nemmeno di quello, a cui le tempie si gonfiavano in modo strano; forse sarebbe venuto anche da sè. Probabilmente il portinaio aveva detto il suo nome, e si spingevano l’un l’altro ciascuno per conto proprio.

— Certo, signori, diss’ella affabilmente, avete fatto bene a salire da me.

Il campanello la fe’ trasalire. Ancora una visita, pensò, e quella Zoè che apre sempre! Ella continuò:

— Si è troppo felici di poter fare un po’di bene. Al postutto era lusingata dalla richiesta.

— Ah! signora, riprese il marchese, quanta miseria! Il nostro circondario conta più di tre mila poveri. — Ed è ancora dei più ricchi! non potete figurarvi quanta indigenza, quanto squallore! delle creaturine senza pane, delle donne inferme, prive di ogni soccorso, morenti di freddo...

— Povera gente! sclamò Nana tutta intenerita.

La sua commozione fu tale che i suol begli occhi sì riempirono di lagrime.

S'era chinata, volgendosi, non studiando più il contegno, e l’accappatoio aperto lasciava vedere il collo, mentre i ginocchi tesi disegnavano sotto alla sala sottile le rotondità eleganti delle coscie.

Le guance terree del marchese si soffusero di rogso.

Il conte Muffat, che stava per parlare abbassò gli occhi.

ZoLa — Nana. 4