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gli applausi. Poi, interrompendosi, chiedeva, ridendo, se qualcuno avrebbe preveduto quei trionfi, quando cenciosa monelluccia, si trastallava nel fango della via Goccia d’Oro. Madama Lerat scrollava la testa. No, no, nessuno, per certo, l’avrebbe pensato.

A sua volta prese la parola con far grave, chiamando Nana sua figlia. Non era forse lei una seconda mamma, ora che la vera aveva raggiunto il babbo e la nonna? Tanto disse, che Nana, intenerita fu lì lì per piangere.

Senonchè madama Lerat ripeteva che il passato era passato; una bruttura, cose da non rimestare. Per lungo tempo non era venuta a veder la nipote perchè in famiglia la si accusava di traviar la bimba e di perdere sè medesima. Coma, mio Dio, se fosse stato possibile!

Lei non le chiedeva nessuna confidenza, lei riteneva avesse sempre vissuto come si deve. Ora era paga di ritrovarla in una buona posizione, con ottimi sentimenti verso suo figlio, già a questa mondo non c’era che l’onestà ed il lavoro.

— Di chi è quel piccino? disse interrompendosi, cqgli occhi accesi da curiosità acuta.

Nana, sorpresa, esitò un momento.

— D’un signore, rispose poi.

-— Tò! fe’ la zia, correva voce che tu l’avessi avuto da un muratore che ti bastonava.... Basta, mi conterai la cosa un qualche giorno. Sai bene come sono discreta!..... Sta tranquilla, ne avrò cura come fosse il figlio d’un principe,

Essa aveva lasciato il suo mestiere di fiorista e viveva dei suoi risparmi, seicento lire d’entrata, raggruzzolate soldo per soldo. Nana promise di prendere a pigione per lei un quartierino e di darle cento lire il mese.

A quella cifra, la vecchia scordò la parte recitata fino allora, e gridò alla nipote di mungerli tutti per bene giacchè li aveva fra l’unghie.

Parlava degli uomini.

Tutte due s’abbracciarono di nuovo.

Ma mentre Nana, nella sua gioia, tornava a parlar di Gigino, parve rabbuiarsi ad un improvviso ricordo sgradito.

— Che seccatura! Mi tocca uscir di casa alle tre, mormorò.

È pure una gran noia!