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una carrozza, di cui richiuse galantemente lo sportello sulle due protette.

Nessuno aveva veduto passare Daguenet. Il collegiale, colle guancie infocate, deciso di aspettare all’uscio degli artisti, correva alla galleria dei Panorama, di cui trovò il cancello chiuso. Satin, ritta sul marciapiedi, gli venne d’attorno: ma lui, disperato, la rifiutò brutalmente e si perdette nella folla, gli occhi pieni di lagrime di desiderio e di impotenza. Molti spettatori accendevano lo sigaro e si allontanavano cantarellando, Quando alla sera Venere. Satin era tornata davanti al caffè delle Varietà, dove Augusto la lasciava mangiare lo zuccaro che rimaneva sui vassoi. Un omaccione che usciva, riscaldato da teatro, la menò seco finalmente nell’ombra del Boulevard quasi affatto deserto.

Però vi era gente che scendeva tuttavia. La Faloise era în attesa di Clarissa. Fauchery aveva promesso di ricondurre Lucia con -Carolina Hèquet e sua madre. Esse giungevano finalmente, occupavano tutt’un angolo dell’atrio, ridendo forte, quando i Muffat passarono, gelidi nel contegno. Bordenave sbucato da una porticina, otteneva da lui la promessa formale di un’appendice. Era molle di sudore, la faccia paonazza come avesse ricevuto un colpo di sole, briaco del successo.

— Ne avrete per dugento rappresentazioni, gli disse cortesea La Faloise. Tutta Parigi sfilerà al vostro teatro.

Ma Bordenave, stizzito, additando con un brusco sporge del mento il pubblito che ingombrava tuttavia il vestibolo quella calca d’uomini dalle labbra secche, dagli occhi ardenti, ancor tutta infiammata dal possesso di Nana, gli gridò con violenza:

— Dite una buona volta al mio postribolo, testardo che siete!