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Poi la corrente si mutò in favor di Venere.

Il coro dei Cornuti, nuovamente introdotto da Iride, pregava il padre degli Dei di non dar seguito alla sua supplica; dacchè le donne se ne stavano chete in casa, gli uomini non ci potevano più vivere; preferivano esser ingannati e contenti... il che era la morale della commedia.

Allora Venere veniva liberata. Vulcano otteneva una separazione di letto e mensa. Marte tornava con Diana. Giove, per avere anco lui la pace in casa, metteva la sua piccola lavandaia in una costellazione. E finalmente si toglieva dal carcere l’Amore, che aveva fatto delle barchette di carta invece di coniugare il verbo amare. Calava il sipario sur un’apoteosi; il coro dai Cornuti, in ginocchio, cantava un inno di gratitudine a Venere sorridente e altera nella sua divina nudità...

Gli spettatori, già in piedi, si affrettavano verso l’uscita. Si proclamò il nome degli autori; vi furono due chiamate fra una salva d’applausi.

Il grido di «Nana! Nana!» corse alto e tuonante. Poi la sala, non ancora vuota, si fe’ buia; i lumi della ribalta si spensero, la lumiera si fece pallida, lunghe fodere di tela grigia scivolarono dai prosceni, ravvolsero le dorature delle gallerie, e quel teatro, così caldo e così rumoroso, in un momento fu sepolto in un greve sonno, mentre un odore di polvere e di muffa saliva nell’aria.

Sul davanti del suo palco, aspettando che la folla dileguasse, la contessa Muffat, ritta in piedi, camuffata di pelliccie, guardava l’ombra invadente.

Nei corridoi la gente si sospingeva, le guardiane perdevano la testa fra mucchi di pastrani rotolati al suolo. Fauchery e La Faloise si eran affrettati per assistere all’uscita dall’atrio. Molti uomini vi facevano ala, mentre dalla doppia scala due file interminabili di gente scendevano, sfilavano, fitte, regolari e compatte. Steiner e Mignon, che avevano fretta, se l’erano svignata pei primi.

Il conte di Vandeuvres partì con a braccio Bianca di Sivry. Per un momento Gaga e sua figlia rimasero come imbarazzate in quella calca, ma Labordette s’affrettò a provvedere