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a mangiar mandorle toste. Una guardiana ciarlava famigliarmente con loro. Lucia si bisticciò col giornalista: com'era amabile! saliva a trovar le altre donne e non veniva nemmeno a domandar se esse avevano sete!
Poi, abbandonando quell’argomento:
— Sai, caro, io trovo Nana molto bella.
Voleva farlo restar nel proscenio per l’ultimo atto, ma egli se la batté promettendo di venire a prenderle dopo.
Giù nella strada, davanti al teatro, Fauchery e La Faloise accesero le sigarette. Una calca di gente ostruiva il marciapiedi, molti eran scesi a respirare la frescura notturna in mezzo al mormorìo illanguidito del Boulevard.
Intanto Mignon aveva trascinato Steiner al caffè delle Varietà. Vedendo il successo di Nana s’era messo a parlar di lei con entusiasmo, sorvegliando il banchiere con la coda dall’occhio.
Lo conosceva, lui; già due volte l’aveva aiutato ad ingannar Rosa, poi, passato il capriccio, gliel’aveva ricondotto pentito e fedele, Al caffè, gli avventori troppo numerosi si stipavano intorno alle tavole di marmo.
Alcuni bevevano in piedi precipitosamente, e le grandi specchiere riflettevano all’infinito quel mare di teste, ingrandivano smisuratamente l’angusta sala colle sue tre lumiere, i sedili di marocchino, la scala a chiocciola coperta di rosso.
Steiner andò a mettersi ad una tavola nella prima sala, sul Beulevard, dove s’eran tolte le porte un po’ presto per la stagione. Mentre Fauchery e La Faloise passavano, il banchiere li chiamò.
— Venite a prendere un boch con me.
— Ma un’idea lo preoccupava. Voleva far gettare un mazzo di fiori a Nana. Finalmente ne diè incarico ad un cameriere di sua confidenza che chiamava alla buona Augusto.
Mignon, che ascoltava, gli diè un’occhiata così eloquente ch’egli si turbò, e, balbettando:
— Due mazzi, Augusto, e dateli alla guardiana: uno per ciascuna di quelle signore, e in buon punto, eh!
All’altro capo della sala, colla nuca poggiata contro alla cornice d’uno specchio, una ragazza appena diciottenne, stava