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Alcuni, passando, bisbigliavano a bassa voce il suo nome.

Aveva riso durante tutto l’atto così si sussurrava negli anditi. Ora, però, si mostrava severo, parlava di morale e di buon gusto.

Più in là, il critico dalle labbra sottili, era pieno d’una certa benevolenza di sapore agro, come latte inacidito.

Frattanto Fauchery frugava collo sguardo nei palchi da fori tondi praticati nelle porte. Ma il conte di Vandeuvres lo fermò chiedendogli che cercasse, e quando seppe che i due cugini andavano a salutar i Muffat, indicò loro il palco n. 7 da cui usciva per l’appunto. Poi, chinandosi, all’orecchio del giornalista:

— Ebbene! mio caro, dite un po’, la Nana è certamente quella che abbiamo veduto una sera all’angolo di via Provenza..

— Tò! avete ragione! sclamò Fauchery. Lo dicevo io che la conoscevo.

La Faloise presentò i cugino al conte Muffat di Beuville, il quale sì mostrò assai freddo. Ma al nome di Fauchery, la contessa aveva alzato il capo con vivacità, e con garbo e discrezione lodava il cronista pei suoi articoli del Figaro.

I gomiti sul velluto del parapetto, la si voltava a mezzo con un moto di spalle graziosissimo.

Si discorreva a scatti; la conversazione cadde sull’Esposizione universale.

— Sarà bellissima, disse il conte, la, cui faccia quadra e regolare serbava, una gravità uffiziale, Ho visitato il campo di Marte oggi, ne son tornato pieno di maraviglia.

— Si assevera che nulla, sarà pronto, arrischiò La Faloise, è una confusione....

Ma il conte l’interruppe con la sua voce severa:

= Saranno promti.... L’imperatore lo vuole.

Fauchery raccontò briosamente che aveva corso il rischio, di rimaner nell’acquario, allora in costruzione, un giorno che era andato colà per cercarvi l’argomento d’un articolo.

La contessa sorrideva.

Essa guardava a quando a quando nel teatro, alzando, una delle braccia inguantate di bianco fino al gomito, facendosi vento con moto più riposato.