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prime rappresentazioni; si calpestava la leggenda, si facevano a pezzi le antiche imagini. Bel tipo quel Giove! E Marte, com’era conciato!

La regalità diveniva una burla - l’esercito una ridicolaggine.

Quando Giove, invaghitosi ad un tratto d’una giovine lavandaia, si mise a ballare un cancan de’ più frenetici, e simona, che faceva da lavandaia, misurò una pedata nel naso al re degli Dei, chiamandolo da grulla «Papaccio mio» fu una cosa da sbellicar dalle risa.

Mentre gli altri ballavano, Febo faceva recare dei boccali di vino caldo a Minerva, e Nettuno aveva intorno una corte di sette od otto donne che gli facevano ingollare dei dolciumi.

Il pubblico afferrava a volo le più lievi allusioni, rincarava anzi sulle oscenità, i motti più semplici ricevevano interpretazioni salaci, vociate dalle poltrone.
Da un pezzo il pubblico non aveva potuto diguazzare in

una stupidità più scandalosa, e tutti si sentivan riposati e contenti.

Frattanto l’azione proseguiva. Vulcano, un giovinotto vestito da festa, tutto di giallo, coi guanti gialli e un monocolo «cacciato nell’orbita destra, correva dietro a Venere, la quale era finalmente arrivata anch’essa, cammuffata da pescivendola, con un fazzoletto colorato in testa, più che audacemente scollata, coperto il seno di grossi ornamenti d’oro. Nana era tanto bianca e tanto carnosa, così in carattere sotto le spoglie di quel personaggio dalle forme ricche e tondeggianti, ch’essa si accaparrò tosto tutto il favore del pubblico.
Ciò fece passare affatto inosservata Rosa Mignon, un amor di bambina, con un lungo abito di mussola e col cercinè, che andava sospirando con una voce deliziosa i lamenti di Diana.
L’altra — quella ragazza grassa e tonda, che si batteva i fianchi e chiocciava come una gallina, spandeva intorno tale una fraganza di vitalità, una onnipotenza di donna, che il pubblico n’era inebbriato. D’allora in poi tutto le fu permesso, star male in iscena, non imbroccare una nota giusta, dimenticare la parte: le bastava voltarsi verso il pubblico e ridere per farsi coprire d’applausi.