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pada. Ma non vi erano proprio che seimila, ottocento e qualche lira. Allora fu una burrasca.

— Diecimila lire in tre mesi! sbraitava. Che ne hai tu - fatto? giuraddio!- Rispondi, eh!... Che ne hai fatto?... Tutto questo se ne va a quella strega di tua zia, eh! o tuti paghi degli amanti; la è chiara... Vuoi tu rispondere?

— Ah! se dai in ismanie! disse Nana. Il conto è subite fatto... Tu non calcoli-il mobiglio; poi, ho dovuto provvedere della biancheria. Quando sì mette casa, il denaro se ne va lesto.

Ma, mentre esigeva spiegazioni, non ne voleva poi sapere.

— Ah! sì, troppo alla lesta se ne va, ei riprese più calmo; e vedi tu piccina, ne ho abbastanza di questa cucina in comune.... Sai che queste settemila lire sono mie. Ebbene, poichè le ho, me le tengo... Caspita! dal momento che tu sei una sciupona, io non ho voglia di essere rovinato. A ciascuno il fatto suo!

E, magistralmente, si mise in tasca il denaro:

Nana lo guardava stupefatta. Lui, seguitava con compia “cenza:

— Capirai che non sono così gonzo per mantenere del mio le zie ed i bambocci altrui... T’è piaciuto di spendere i tuoi quattrini, padrona! ciò ti riguarda; ma i miei son cosa sacra!.. Quando farai cuocere una coscia di castrato, ne pagherò la mia metà, e la sera regoleremo il conto, ecco tutto!

Stavolta Nana fu stomacata; non potò trattenere questo grido:

-— Di un po), hai ben mangiate, però, le mie diecimila lire...

È una indegna porcheria, questa!

Ma egli non istette a discuter altro; al disopra della tavola, con tutta veemenza, le lasciò andare una guanciata, dicendo:

— Ripeti un po’, se n’hai muso?

Essa ripetè, nonostante lo schiaffo; allora ei le si scagliò.

addosso, e a faria di calci e di pugni, la ridusse ben presto in tale stato, che ella finì, come al solito, collo spogliarsi e coricarsi piangendo.

Lui sbuffava. A sua volta stava per mettersi a letto, quando