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da lui nella via in veste da camera, tutt’arruffata, strascicando le ciabatte. Ma egli ebbe il tatto di mostrarsi anche «più cortese del solito.

Non si permise alcuna domanda, fingendo di credere che la signora fosse stata in viaggio. Ah! la signora aveva fatto molti infelici, risolvendosi di viaggiare! Era stata una per-dita per tutti!

La giovane, pertanto, vinta da u na curiosità che le faceva “Scordare il suo primo imbarazzo, finì coll’interrogarlo.

Siccome la folla li pigiava ed urtava, lo spinse sotto una porta, ov’essa rimase ritta dav anti a lui, col suo panierino in mano. Che cosa dicevasi della sua fuga? — Mio Dio! le signore, da cui egli andava, dicevano questo e quello, cento cose; un chiasso enorme, insomma, un vero successo. — E Steiner? — Il signor Steiner era in cattive acque; la finirebbe assai male, se non trovava qualche nuova speculazione.

— E Daguenet? — Oh! quello là stava benone; il signor Daguenhet regolava per bene le cose sue.

Nana, eccitata da quelle memorie, apriva bocca per intertogarlo ancora; ma provava un tal quale imbarazzo a pronunciare il nome di Muffat.

Allora, Francesco, sorridente, ne parlò pel primo.

Quanto al sig nor conte, faceva pietà, tanto aveva sofferto dopo la partenza della signora; sembrava un’anima del purgatorio: lo si vedeva dappertutto ove era probabile d’incontrare la signora. Finalmente, un giorno, il signor Mignon, avendolo incontrato, lo condusse a casa sua.

A quella notizia Nana rise molto, ma di un riso forzato.

— Ah! è con Rosa dunque ora, disse. Ebbene! sapete, Francesco, me ne infischio!... Vedete un po’ quel bacchettone! Ha fatte le sue abitudini... Non può digiunare più neanche otto giorni! E dire che mi giurava che non avrebbe più donna dopo di me!

In fondo, si rodeva.

— Sono i miei avanzi, riprese, un bel decotto che Rosa si è pagato! Oh! capisco: essa ha voluto vendicarsi, perché le ho preso quell’animale di Steiner... Che furberia di tirarsi in casa un uomo ch’io ho messo alla porta!