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Ma, calata la tela, la clague tentò invano una chiamata, tutti erano già in piedi e si affollavano verso le porte.

Scalpicciavano, si spingevano, pigiati tra le file di poltrone, scambiando le proprie impressioni. La stessa parola correva su tutte le bocche.

— La è roba da cretini.

Un critico diceva che ci vorrebbero di molti tagli. Ma la commedia premeva poco: sì parlava sopratutto di Nana. Fauchery e La Faloise, usciti pei primi, s’incontrarono nell’andito delle poltrone con Steiner e Mignon.

Si soffocava in quel corritoio, stretto e basso come una galleria di miniera, rischiarato da malti becchi del gas. Stettero un momento appiè della scala di destra protetti dalla sbarra che faceva risvolta.

Gli spettatori degli ultimi posti scendevano con un incessante rumore di scarponi; l’onda delle giubbe nere passava, mentre una guardiana faceva ogni sforzo possibile per proteggere dagli urti una seggiola su cui aveva ammucchiati i pastrani.

— Ma la conosco, gridò Steiner, appena vide Fauchery. Senza dubbio l’ho veduta in qualche luogo.... Al Casino, credo... l’han raccolta da terra tant’era ubbriaca.

— Io non so più bene dove, disse Fauchery, ma pare anche a me di averla incontrata...

Abbassò un pochino la voce e soggiunse ridendo:

— Dalla Tricon, può darsi.

— Per bacco, in un lurido sito! dichiarò Mignon che sembrava furibondo. È schifoso che il pubblico accolga così la prima femminaccia che gli capita davanti! Tra poco non ci saranno più donne oneste fra le attrici. Finirò col proibir a Rosa di recitare.

Fauchery non seppe trattenere un sorriso. Intanto lo scendere balzelloni delle scarpaccie sugli scalini non cessava punto: un omettino in berretto diceva con una vocina strascicante:

— Eh via! L’è grassoccia... v’è da manciucchiare..

Nell’andito, due giovinotti, dai capelli ben arricciati, molto attillati nei loro solini sparati, litigavano.


ZOLA — Nanà.